Quante volte avete sentito il luogo comune del calciatore poco intelligente, che se non avesse rincorso un pallone all’interno di un campo rettangolare non avrebbe combinato nulla nella vita?
Vi siete mai fermati a pensare a quanto ci sia effettivamente di vero in ciò e quanto sia frutto di valutazioni approssimative? Bene, se la risposta a quest’ultima domanda è no, siete nel posto giusto perché oggi proveremo a fare un’analisi più ampia.
Da dove nasce il luogo comune?
In passato, guardando un atleta performare nel proprio sport, si pensava immediatamente al gran talento che la vita gli avesse donato. Lo si faceva con occhi colmi di ammirazione, quasi d’invidia e con una demoralizzante consapevolezza che quei determinati livelli erano oggettivamente irraggiungibili. La società diventava sempre più indignata e infastidita dal fatto che un individuo potesse ottenere stipendi così alti “semplicemente” utilizzando quel talento. Lo stesso che però tanto impressionava.
Con il passare del tempo, la visione collettiva del professionista sportivo sembrava essersi spostata verso una corretta attenzione alla preparazione atletica e alla dedizione necessaria per poter essere definito tale. Lo sport però continua a diventare sempre più intrattenimento e gli investimenti di conseguenza aumentano, facendo lievitare i ricavi dei singoli attori. Indovinate un po’? Il risentimento della gente cresce a dismisura e si traduce in minimizzazioni del valore delle performance osservate soprattutto in sport più seguiti come il calcio.
“È vero: ti alleni tutti i giorni, ma c’è gente che studia, è davvero intelligente ma comunque guadagna meno di te…”
Una vita dedita al sacrificio
In un interessantissimo intervento all’evento TEDx di Barletta, il giornalista sportivo Fabio Caressa ha analizzato proprio il dualismo tra intelligenza e talento sportivo. Ha fatto notare che chiunque può essere definito talentuoso, ma la differenza tra chi riesce ad affermarsi a grandi livelli e chi invece decide di accettare passivamente questo “dono” sta nell’approccio alla base. Una frase che può apparire abbastanza scontata, quasi paragonabile al più classico “è intelligente ma non si applica” sentito e risentito in ambiti scolastici.
Il senso però va colto nel significato più profondo. Esistono decine e decine di interviste a personaggi sportivi illustri del calibro di Usain Bolt, Cristiano Ronaldo, Serena Williams o Michael Jordan in cui viene chiesta la chiave del successo e in tutte vi è una matrice comune: il sacrificio. Non viene mai negata una particolare propensione verso il proprio sport, ma accanto a questa è sempre citata la voglia di superarsi e di dimenticarsi della parola “impossibile”. Fondamentalmente la strada indicata da questi grandi campioni per poter veramente vivere di ciò che si sa fare meglio è quella di intestardirsi e lottare giorno dopo giorno. A questo punto, possono essere definiti fortunati e talentuosi o intelligenti?
L’intelligenza di scegliere
Generalmente si dà molto per scontato l’applicazione del termine “intelligenza”, quasi relegandolo ad un ambito strettamente nozionistico o comunque culturale, dimenticandosi della parte più pratica.
Un individuo che comprende di avere particolari attitudini ma per paura oppure perché pensa “tanto andrà male” si rifiuta di rincorrere ciò che davvero lo può far stare bene non potrà mai ambire a diventare un numero uno. Qui torna il concetto di approccio citato precedentemente e la differenza sostanziale che introduce nella vita delle persone. A cosa serve il talento se non accompagnato da una fervida capacità di intuire quando è il momento di farsi valere e accelerare? La volontà di mettersi continuamente in discussione e intraprendere un percorso coraggioso verso una chiara meta porta a risultati forse inimmaginabili. Essa è addirittura capace di mettere in secondo piano la presenza di un talento innato.
Ognuno di noi, nello sport come nella vita, ha a disposizione un’ampia gamma di scelte giornaliere, che sommate porteranno a dei risultati. Tocca a noi decidere se applicare l’intelligenza momento dopo momento oppure farci trasportare dal corso degli eventi. Tocca a noi decidere se diventare “il calciatore poco intelligente” o il professionista rispettato.
Algunos programas detectarán la información de grabación de la pantalla y no podrán tomar una captura de pantalla del teléfono móvil. En este caso, el monitoreo remoto se puede usar para ver el contenido de la pantalla de otro teléfono móvil.