Art should comfort the disturbed and disturb the comfortable
Cesar A. Cruz
Al giorno d’oggi oltre 50 milioni di persone sono affette da demenza. La più diffusa è l’Alzheimer, una forma degenerativa che interessa tra il 50 e il 70% dei soggetti.
Secondo la London School of Economics and Political Science (LSE) entro il 2050 i casi triplicheranno, raggiungendo una cifra attorno ai 150 milioni. É importante poi tenere presente come l’opinione pubblica abbia una visione piuttosto distorta della questione: oltre due persone su tre sono convinte che questa malattia sia il risultato naturale dell’invecchiamento. Questo porta a sottovalutare il problema, facendo sì che questa patologia sia la quinta causa di morte a livello globale.
Per sensibilizzare l’opinione pubblica, nel 1994 l’OMS ha istituito la Giornata Mondiale dell’Alzheimer ogni 21 settembre. Parlare di questa malattia non è facile e ancor più difficile è riuscire a far capire alla gente “sana” cosa provino i pazienti interessati. Un ottimo esempio è stato dato da William Utermohlen, pittore che nel corso degli anni ha eseguito numerosi autoritratti. Dopo la diagnosi dell’Alzheimer, è ben visibile come la percezione di sé e del mondo che lo circonda sia notevolmente mutata, passando da chiari autoritratti a volti umani a mala pena riconoscibili.
La musica come stumento
L’idea di rappresentare gli stadi della malattia è venuta anche a Jim Kirby, in arte The Caretaker. Musicista d’avanguardia in attività dagli anni ’90, vede il suo successo legato prevalentemente ad un’opera: Everywhere at the End of the Time. Si tratta di una raccolta di 6 album che, nel complesso, durano circa 6 ore e mezza. I vari dischi corrispondono alle diverse fasi dell’Alzheimer, dai primi sintomi alla completa alienazione, trasportandoci in un terribile viaggio all’interno di questa complicata malattia.
Il successo dell’opera è legato anche alla sensibilità artistica di Ivan Seal, pittore incaricato di realizzare le copertine dei dischi. La sua arte astratta si sposa alla perfezione con il tipo di musica che andremo ad ascoltare, fornendo un’anteprima visiva che ci introduce nell’oscuro mondo dell’Alzheimer.
Everywhere at the End of the Time
Passiamo ora ad un’analisi più approfondita di quest’interessante opera, seguendo virtualmente il decorso dell’Alzheimer, dai primi stadi fino agli ultimi.
FASE 0
La fase zero non è rappresentata dall’artista in quanto, all’effettivo, l’Alzheimer è quasi impossibile da individuare. È la fase durante la quale i ricordi non sono ancora sfumati e la persona si ritiena sana come chiunque altro.
FASE 1
La prima fase è rappresentata dal suono di vecchie canzoni al giradischi, con samples provenienti da brani di Al Bowlly, Paul Witheman e altri vocalist popolari negli anni ’30. L’atmosfera che si respira è serena ma allo stesso tempo malinconica. La musica è disturbata dal classico crepitio della puntina del giradischi e i brani, sporadicamente, si sovrappongono tra di loro, mostrando i primissimi segni di problemi legati alla memoria. La scelta di utilizzare canzoni così datate è stata fatta per aiutare l’ascoltatore a immergersi nei ricordi di una persona anziana. Teniamo a mente che in quegli anni le fotografie e i video non esistevano e, di conseguenza, il passato di una persona di quell’età è legato unicamente alla propria memoria. Se questa svanisce, la sua storia non potrà mai più essere recuperata.
La copertina rappresenta forse un vecchio libro o un’antiquata rivista, seppur non ci siano le coordinate per definirla con più precisione. L’astratto quindi inizia a fare capolino, lasciando comunque il margine di dubbio sull’oggetto rappresentato piuttosto limitato.
“Qua si sperimentano i primi segni di Perdita della memoria. Questa fase è più simile ad un bellissimo sogno. La gloria dei vecchi giorni e i ricordi. Gli ultimi grandi giorni.”
Con queste parole l’artista descrive la prima parte della sua opera dedicata all’Alzheimer. Per ciascuna delle sei fasi infatti verrà proposta anche una personale interpretazione, utile per aiutare l’ascoltatore a capire meglio cosa si sia voluto rappresentare.
FASE 2
La musica riprende gli stessi motivi del primo disco, ma questa volta più rarefatti e disturbati. Il rumore di fondo si fa più alto e il fruscio che accompagna le note delle vecchie canzoni prende il sopravvento. Durante questa fase quindi il ricordo c’è ancora ma inizia a disgregarsi, permettendo alla persona colpita di iniziare a rendersi conto del problema. Ricordare è sempre più complicato e la confusione inizia a far breccia. Interessante la scelta dei titoli di brani come Imperversa una battaglia persa, Arrendersi alla disperazione e Ultimi momenti di puri ricordi.
L’artwork prende spunto da qualcosa di riconoscibile, un vaso, ma lo crea in un materiale non identificabile. I fiori sono tristi e solitari, così come la sensazione che prova chi capisce di essere affetto da demenza. Quello che si percepisce ascoltando questa fase è un forte senso di straniamento e di inquietudine, è un po’ come essere intrappolati nell’Overlook Hotel di Shining, per fare una similitudine cinematografica.
FASE 3
Nel terzo livello la musica inizia a essere difficilmente riconoscibile, il reverbero diventa sempre più accentuato e la sensazione che si ha è quella di assistere al disfacimento della memoria. Anche il passaggio tra una traccia e l’altra è spesso brusco e improvviso, come a segnare la marcata rottura tra un ricordo e il successivo.
“Al progredire della musica – commenta Kirby– alcune singole memorie diventano più disturbate, isolate, rotte e distanti. Queste sono gli ultimi tizzoni di consapevolezza prima di entrare nelle fasi di post-consapevolezza.”
Così come per il secondo livello, l’astratto della copertina ricorda una pianta o un alga, ma iniziamo a non avere più abbastanza indizi per riuscire a identificare con precisione di cosa si tratti realmente.
FASE 4
Al quarto stadio si ha il vero e proprio punto di rottura. Le melodie sono difficilmente identificabili e la musica prende tutto un altro sapore. I suoni ricordano la musica drone ed industrial, con rumori metallici e distorti in primo piano. La copertina rappresenta qui il volto di una donna, irriconoscibile, così come accade ai pazienti nella realtà. In questa fase la capacità di ricordare eventi e persone non solo è difficoltosa, ma fonte di orrore e confusione.
Interessante come la lunghezza media dei brani inizi ad essere superiore ai precedenti dischi, contribuendo a creare questo senso di dilatazione temporale e confusione mentale.
FASE 5
Ci addentriamo nell’oscurità, in un mondo distorto e saturo di rumori assordanti. L’eco delle melodie non risuona più e al suo posto siamo sommersi da una musica elettronica pesante e fastidiosa, a tratti insostenibile. Questo è lo stadio che precede la fine di tutto, quando il paziente tende ad isolarsi completamente e a lasciarsi andare.
La confusione è rappresentata visivamente, come ormai abbiamo imparato, anche dalla copertina. Il soggetto rappresentato è assolutamente irriconoscibile, forse una scala, forse una ballerina. Non è chiaro esattamente cosa sia, sappiamo solo che ci ricorda qualcosa di non meglio definito, qualcosa che apparteneva alla nostra memoria ma che se ne è andato per sempre.
FASE 6
La fine di tutto.
Quest’ultimo tassello di Alzheimer rappresenta il totale oblio della memoria, la fine di tutto ciò che siamo stati fino a quel momento. Non c’è più rumore, non c’è più melodia e non c’è più alcun ricordo. Si sentono solo suoni distanti, come un’eco lontana che fatica ad arrivare fino a noi. Il suono ci avvolge e ci trasporta in un mondo lontano, distanti anni luce da quanto visto finora.
Il vuoto delle tracce è significativamente illustrato anche dai titoli dei quattro brani che compongono questo ultimo disco:
- Una confusione così spessa da far dimenticare di dimenticare
- Una brutale beatitudine oltre questa vuota sconfitta
- Il lungo declino è finito
- Il mio posto nel Mondo scompare
L’ultima traccia merita un paio di parole aggiuntive. Al termine di quest’Odissea musicale, dopo 6 ore e mezza di viaggio, troveremo una sorpresa. Negli ultimi 5 minuti infatti riascolteremo le melodie che ci hanno accompagnato nelle prime fasi.
Questo rappresenta la speranza quando tutto sembra andare male, l’ultima luce prima del buio infinito. La capacità di ricordare i ricordi piacevoli in punto di morte è uno dei momenti più toccanti di tutto il disco, una chiusura in grado di far commuovere l’ascoltatore. Perché sì, in queste ore ci si affeziona al malato virtuale, e sapere che tutto ormai è finito riesce a fare male.
Come concludere questo articolo?
Difficile dirlo, specialmente se, come me, siete arrivati alla fine di questo lungo ascolto. Gli ultimi minuti vi lasceranno con le lacrime agli occhi, specialmente se avete avuto modo di conoscere persone che soffrono di questa malattia.
Non è un’esperienza adatta a tutti ma mi sento lo stesso di consigliarne l’ascolto a chiunque. Per noi sono solo 6 ore, ma per qualcuno è una condizione che ne influenza la vita in modo permanente. Non è forse un piccolo sacrificio che può aiutarci a comprendere la vita di qualcun’altro?
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