Devo ammetterlo. Ero davvero molto scettico quando mi si è presentata l’occasione di vedere in anteprima il nuovo film di Maccio Capatonda, all’anagrafe Marcello Macchia, Omicidio all’Italiana; probabilmente mi ero fatto influenzare da quella sciocca abitudine che ci spinge a giudicare il libro dalla copertina. In questo caso però, mi sono voluto violentare e, una volta strappato il velo dell’apparenza, ho avuto modo di apprezzare un film fresco, divertente e molto più profondo di quanto non possa sembrare.
Il buon Maccio accompagnato anche questa volta dal fido Luigi Luciano, che ai più sarà noto con lo pseudonimo di Herbert Ballerina, prende in giro con dissacrante ironia i malcostumi del nostro paese e dell’italiano medio che, non a caso era anche il titolo della prima incursione cinematografica del ragazzo di abruzzese. Marcello smaschera le nostre brutture e tutte le risate che la pellicola ci regala sono colme di imbarazzo involontario e spontanea vergogna per quello che rischieremmo di diventare se ci allontanassimo troppo dalle nostre radici di esseri umani.
Finita la proiezione, ho avuto la fortuna di poter conversare con l’irriverente trentottenne di Vasto e mi sono trovato davanti ad uno degli artisti più maturi del panorama cinematografico italiano che ha scritto, diretto, interpretato e addirittura montato il suo parto mentale. Se fossi nei panni dei presunti maestri della commedia all’italiana, che si sono crogiolati troppo al sole della notorietà dei loro nomi altisonanti e che negli ultimi anni non hanno portato nuova linfa al genere, rischiando di farlo appassire, producendo film in serie privi di anima e spessore, inizierei seriamente a preoccuparmi: una nuova ondata di artisti a tutto tondo sta reclamando il proprio posto nel mondo e ha tutte le carte in regola per rendere nuovamente rigoglioso e fertile il terreno del cinema nostrano.
Roberto Carrubba
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