La resistenza ad andare in terapia per tirare fuori tutto quello che teniamo compresso tra una cellula e l’altra del nostro corpo è ancora forte. Eppure, siamo nel XXI secolo e tutti i pregiudizi sullo psicologo dovrebbero essersi già sciolti come zucchero in acqua.
Ovviamente non è così.
Non fraintendetemi, ci sono stati grandi passi in avanti e le persone si interessano al tema. I discorsi fatti in fila alle poste sono pieni di frasi come Luca ha iniziato a vedere lo psicologo, Omar e la compagna sono andati a fare terapia di coppia, la mia vicina dice di essere rinata dopo due anni di sedute.
Bene. Anzi, molto bene finché non siamo noi Luca, Omar e la compagna oppure la nostra vicina di casa. La terapia sembra sempre funzionare finché a farla sono gli altri e sembra che a noi non serva, come se la nostra salute mentale fosse fatta di acciaio inox. Ma persino i metalli più resistenti cedono. E soprattutto non dimentichiamoci: restiamo fatti di carne.
La verità è che non siamo Superman e persino gli eroi della Marvel hanno bisogno di processare gli eventi della loro vita. Quindi, ecco di seguito tre segnali che forse stai ignorando, ma che chiaramente ti dicono che forse è ora di andare in terapia.
1. “Mi fa male lo stomaco”
Le spalle tese, l’aria nello stomaco, la spossatezza e l’insonnia sono solo alcuni dei segnali che il nostro organismo ci manda. Spesso pensiamo che siano disagi momentanei che prima o poi scompariranno. Ma è proprio così che i mesi passano e impariamo a convivere con questi sintomi (perché di sintomi si tratta).
Mente e corpo sono strettamente connessi e sono tantissime le discipline a sostenerlo. Purtroppo, però, continuiamo ad avere una visione che tende a scindere queste due dimensioni e – di conseguenza – ragioniamo in modo isolato. A volte, la cosa più semplice da fare sarebbe sedersi e porsi delle domande.
Perché mi sento così?
Cosa sta cercando di dirmi il mio corpo?
Fidatevi che emergeranno fatti di cui non eravate consapevoli. La terapia, del resto, si occupa di questo: ti fa percorrere con un dito la superficie nascosta dell’iceberg.
2.”Non capisco come sto”
Tutti abbiamo sperimentato gli sbalzi d’umore ma, dovremmo porci il problema quando, invece, iniziano a verificarsi di frequente. Le cause alla base possono essere varie, come in seguito a un trauma o un lutto. Quando questi episodi sono ricorrenti, come nel caso del malessere fisico, è meglio fermarsi un attimo e chiedersi il perché. Non c’è nulla da fare, l’introspezione e l’autoanalisi sono alla base di qualsiasi step preliminare si voglia intraprendere per il proprio benessere.
Ci hanno insegnato a essere dei cervelloni, a testare il nostro QI per capire quanto siamo dotati e quanto spazio mentale abbiamo per imparare ancora, ancora e ancora. La verità è che abbiamo perso così tanto tempo a cercare di capire il mondo che ci siamo scordati di capire noi stessi. Siamo altamente deficienti – nel senso che siamo non sufficientemente preparati – per quanto riguarda le nostre stesse emozioni. Come possiamo pretendere di capire perché stiamo così, se non sappiamo neanche identificare questo così?
Assieme alla sessione estiva ci servirebbe anche un bel ripasso per potenziare la nostra intelligenza emotiva.
3. “Credo di aver subito un trauma”
Una persona un giorno mi ha detto “mi sembra così stupido pagare qualcuno per raccontargli i miei problemi personali, stesa su un lettino. Come se le mie cotte non ricambiate e i capelli secchi valessero 70 euro a seduta”.
In questa frase:
- la persona si sta sminuendo
- la persona sta sminuendo il lavoro dello psicologo
Partiamo con lo sfatare un mito: per andare in terapia non dobbiamo aver subito un trauma come una violenza, una grave ingiustizia o la perdita di un caro. Queste sono certamente situazioni delicate che meritano una grande attenzione però anche i nostri problemi vanno rispettati per quanto li consideriamo delle “sciocchezze”. Magari non sono dei traumi ma potrebbero essere sorti in seguito a un trauma.
E per quanto riguarda lo psicologo, beh è inutile sottolineare quanta preparazione ci sia dietro: gli anni di studio, il tirocinio e l’esame di stato per conseguire il titolo. Sono certa che i competenti in materia sapranno darci delle delucidazioni migliori delle mie.
Uno psicologo non è come un medico di base o un chirurgo però, sicuramente, è una persona in grado di fornire gli strumenti per sbrogliare i nostri nodi interiori.
Siamo bravi a liquidare tutto con un starò meglio, la terapia non mi serve. Questo non lo metto in dubbio ma serve un costante lavoro che possiamo decidere di intraprendere in solitudine o assieme a qualcuno. Ricordiamoci, inoltre, che prevenire è meglio che curare e la cura richiede tanta pazienza. Mai optare per le vie brevi. Non importa quale sarà la decisione finale, basta che sia la decisione migliore per la nostra salute tanto fisica quanto mentale.
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