Il 24 febbraio 2023 è uscito Cracker Island, l’ottavo album in studio dei Gorillaz, la virtual band ideata da Damon Albarn e Jamie Hewlett. Si tratta di un progetto musicale prodotto in collaborazione con Remi Kabaka Jr, Greg Kurstin e Kevin Parker. A distanza di tre giorni, il 27 febbraio, è già disponibile la versione deluxe che conta cinque tracce in più, per un totale di 15 brani.
Meet the band
Sono passati più di due decenni dalla nascita dei Gorillaz e la band 2D ha raggiunto un grande successo in tutto il mondo. È innegabile che ad oggi abbiano una fanbase solida e si siano conquistati un pezzo di mercato musicale altrettanto stabile. Il talento, di certo, non manca: stupendi sound, testi pensati, le giuste collaborazioni (o almeno, quasi sempre) ma l’idea di creare un gruppo totalmente virtuale ha giocato un ruolo non di poco conto nella carriera di Albarn e Hewlett. L’idea era innovativa già durante il loro esordio e ancora oggi, nel 2023, resta quel pizzico di originalità in più che li fa spiccare.
La band immaginaria è composta dal cantante e tastierista Stuart noto come 2D (l’alter ego di Albarn), il bassista Murdoc Niccals, il batterista Russel Hobbse e la chitarrista Noodle. I quattro hanno deciso di abbandonare Londra per raggiungere la California dove vogliono istruire i loro discepoli a seguire un cammino dai tratti quasi religiosi e noto con il nome di The Last Cult. In questo background narrativo si inserisce Cracker Island.
Cracker Island parla di un culto
I Gorillaz si contraddistinguono per i loro tratti strani e ambigui. C’è quasi da aspettarsi che decidano di unirsi a un culto o che addirittura ne creino uno loro. E infatti la title track Cracker Island feat Thundercat, uscita nel giugno 2022, proprio di un culto parla. La voce calda di Stevie Nicks, poi, ci accoglie in Oil e si mescola con quella di 2D. Si parla di un mondo fatto di macchine e schermi incrinati, tema che spicca particolarmente in The Tired Influencer dove gli echi della musica anni ’80 hanno la meglio e dominano i tre minuti e mezzo del pezzo. Il sottotono un po’ chill e dance perdura lungo tutto l’album anche se a volte è spezzato da brani più energici come New Gold, Baby Queen e Skinny Ape dove le nature cyberfunk e pop tornano a essere protagoniste. Un posto d’onore spetta a Silent Running, brano con un’apertura malinconica e profonda. I dolci lamenti di 2D rinforzati da Adeleye Omotayo però hanno qualcosa di groovy che induce ad ascoltarli in loop.
Il reggaeton non funziona alla lunga
Come da prassi, le collaborazioni anche in questo album sono tante e variegate. Spiccano nomi interessanti e nella maggior parte dei casi si accordano allo stile dei Gorillaz, in parte perché la band adora sperimentare e rinnovare costantemente il suo prodotto musicale. Ma – perché c’è un ma – non tutte le collaborazioni funzionano. Quella che più stride è Tormenta con Bad Bunny. Dove il reggaeton si incastra meno nel contesto dell’album. Anche il funk di MC Bin Laden in Controllah ha qualcosa che fatica a integrarsi. Le altre collaborazioni nella versione deluxe come Captain Chicken e Crocadillaz – rispettivamente con Del The Funky Homosapien e De La Soul, Dawn Penn – sono piacevoli all’ascolto però non aggiungono il valore extra che si è sentito in pezzi precedenti. A Possession Island (feat. Beck) spetta l’importante compito di chiudere l’album e forse questa pressione risulta eccessiva. Il pezzo finisce col lasciare quel sapore amarognolo con cui non vorresti concludere il pasto. Rimani sospeso a chiederti dove sia il dolce.
Che ne sarà di Cracker Island?
Cracker Island in complesso è un progetto interessante e fresco. Presenta dei pezzi che hanno tutte le carte in regola per diventare delle hit pop, ad esempio New Gold, o lasciare una traccia nella discografia degli artisti come Clint Eastwood. È paragonabile a Demon Days? Forse, o forse no. Solo il tempo ci rivelerà la sorte dell’album. Non dobbiamo far altro che aspettare e ascoltare.
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