Intervista | La bancarella dei libri usati di Gennaro Margiotta

Gennaro è il proprietario della bancarella di libri usati che espone fuori dalla stazione di Greco Pirelli. Noi di Radio Bicocca ci abbiamo scambiato due parole per conoscerlo meglio.


Gennaro

Per gli studenti della Bicocca, negli anni è diventata un’abitudine quella di uscire dalla stazione di Greco Pirelli e ritrovarsi la bancarella di libri usati (bel tempo permettendo). Ma chi la allestisce e perché? Noi di Radio Bicocca abbiamo deciso di scambiare quattro chiacchere con Gennaro Margiotta

Raccontaci qualcosa di te: chi sei o chi sei stato prima d’ora?

Sono di Canosa di Puglia, in provincia di Barletta-Andria-Trani, Apulia. È di epoca preromana: lì vicino si è svolta la battaglia di Canne. È un posto che è sempre rimasto costante nel tempo.

Ho studiato in quello che si può considerare un istituto tecnico. All’inizio del secondo anno ho vinto una borsa di studio da 60 mila lire ma l’anno dopo ho lasciato gli studi e sono andato a lavorare.

Mio padre era bracciante. Da noi sono figure miste: il bracciante faceva anche piccola mezzadria con questi fondi/terreni e si tirava avanti. Prendevo 300 lire al giorno, una miseria (1 euro alla settimana, forse neanche). La carne la mangiavamo solo 3-4 volte all’anno, attorno alle feste. Poi, a 18 anni, un mio amico di gioventù è andato a Torino e io con lui. Lì ho lavorato come fabbro e muratore finché non sono andato a fare la visita per il militare in Corso Unione Sovietica.

È stato un evento importante per te?

Essere un militare? Sì, assolutamente. Era il 68-69 e ho conosciuto altri che la pensavano come me. Avevamo formato un gruppo all’interno della caserma. Ci si dava coraggio a vicenda nell’affrontare tutto ciò che ritenevamo ingiusto in quell’ambiente.

Per esempio? 

Fare lo sciopero del rancio. La porzione era insufficiente, ci facevano marciare tutto il giorno e la sera avevamo fame. Un giorno si sparse la voce che il giorno dopo ci sarebbe stato lo sciopero e noi prendemmo parte. Ci fecero una bella lavata di capo però ci aumentarono le porzioni.

E poi?

Mi sono congedato prima di Natale del ’69. Sono ritornato a Canosa, dove sono rimasto per sei mesi, era il 1970. All’epoca un mio cugino era a Milano e mi convinse a raggiungerlo. All’inizio ho lavorato per un’azienda edile e poi per l’Autobianchi, avevo 20-21 anni.

Gennaro mi porge un libro: Che cos’è? chiedo.

È una rivista in francese, ci sono dei nomi abbastanza importanti come Karlheinz Stockhausen (NdR compositore tedesco) famoso per la musica moderna e Jorge Luis Borges (NdR scrittore argentino).

Comunque, lì – all’Autobianchi – ero delegato sindacale. Sono stato iscritto anche alla FGCI (NdR Federazione Giovanile Comunista Italiana) negli anni ’60. Dopo il militare avevo letto il loro manifesto e le tesi mi avevano convinto. 

Nel frattempo che lavoravo in fabbrica, ho conosciuto una ragazza che in seguito è diventata mia moglie. Ci siamo sposati, però il matrimonio è durato poco. Forse era il 1976 quando ci siamo separati, successivamente mi sono licenziato all’Autobianchi, ho fatto un anno sabbatico e poi ho ripreso a fare il muratore ma in proprio.  

Cosa ti è successo d’importante in quegli anni? 

La frequentazione di donne che ragionando su sé stesse mi hanno aiutato a mia volta a riflettere su me stesso.

Dopo il divorzio, a distanza di anni, ho conosciuto un’altra donna. Siamo andati a convivere e nell’80 abbiamo avuto un figlio. Ci siamo sposati quando il figlio aveva una decina d’anni. Entrambi i matrimoni civili. Non ho mai frequentato la Chiesa.

Federico (un amico di Gennaro che a volte si ferma davanti alla bancarella dei libri) dice spesso che “Gennaro si è fatto da solo”, in che senso? 

(NdR ride) Dopo essermi licenziato dall’Autobianchi, a Porta Romana ho frequentato per un anno il corso delle 150 ore per prendere la licenza media. Quindi adesso ho un diploma di terza media che ho preso a 30 anni e passa fa. 

Ma Gennaro, i libri come sono arrivati? 

Nella mia vita c’è sempre stata roba da leggere. Da ragazzo leggevo fotoromanzi delle cugine e fumetti. Crescendo ho letto sempre di più e sempre vari generi, specie durante gli anni del militare. C’era un gran prestare di libri e dischi tra amici. A volte non tornavano più, altre sì. Poi il fatto di partecipare agli avvenimenti sociali era un grande stimolo a leggere. 

E questi, come li hai raccolti?

Ho ereditato tanti libri dalla seconda moglie che era un’insegnante della scuola materna. Però li colleziono anche. All’inizio frequentavo i mercatini, poi ho conosciuto gente che faceva sgombri. Di solito mi mettono da parte qualcosa per la bancarella.

Da quanti anni li esponi qui?

Sei o sette anni. Anche se di mezzo ci sono stati gli anni della pandemia, inoltre, la mia salute ha avuto una specie di crollo. Ho avuto un infarto, però prima di quello sono sempre stato bene. La sola malattia che abbia mai avuto è stata la difterite quando ero piccolo.

Perché hai scelto Milano Greco Pirelli per esporre i libri? 

Ho pensato che qui potessero apprezzarli di più visto che è una zona universitaria. 

Come va la vendita dei libri? 

Ah, ma io non vivo di questo. Io vivo grazie alla mia pensione. Questa cosa è nata come un hobby. Prima avevo l’orto. Già allora stavo poco bene: a zappare mi faceva male la schiena, ora mi fa male senza dover zappare. Quindi ho dovuto rinunciare a quello e ho trovato questo. 

Se ti chiedessi tre autori che ti hanno cambiato la vita? 

Karl Marx, un grande filosofo politico. Sicuramente Dostoevskij, lo ritengo un romanziere quasi intimistico e Wilhelm Reich, allievo di Freud il cui centro di studi era la sessualità.  

Si avvicina una ragazza per comprare un libro da 6 euro: il titolo è Esistenzialismo.
“Lo conoscete Enzo Placido?” ci chiede Gennaro. Io ammetto la mia ignoranza e anche la ragazza scuote la testa ma aggiunge che le interessa l’argomento. Compra il libro e se ne va. È diretta verso Piazza della Scienza. 

Gennaro riprende il discorso: mi hanno insegnato tanto. Ma in realtà la lista sarebbe un po’ più lunga.

Se dovessi riassumere la tua vita con il titolo di un libro, quale sarebbe?

La mia vita è talmente variegata che non saprei come riassumerla in un libro. 

Se dovessi consigliare un libro ai ragazzi dell’università, quale sarebbe?

Consiglierei l’autobiografia di Mandela o il Manifesto del Partito Comunista

Spesso chi legge tanto, scrive anche. È il tuo caso? 

No, decisamente no. Conosco i miei limiti e il mio lessico non è molto ampio. Ancora adesso devo andare a cercare le parole sul vocabolario. Una volta si faceva sul dizionario, ora si usa il cellulare. 

Non scrivi neanche per te stesso? 

No, la mia vita è proiettata all’esterno. Penso e ragiono assieme a mio figlio o ai miei amici ma di scrivere qualcosa no. Eppure, a pensarci, ne ho di spunti da cui partire: tra due matrimoni che sono diventati due divorzi e i problemi che la vita ti mette davanti.

Per quanto pensi di andare avanti con i libri? 

Fino a che fisicamente ce la faccio. La roba pesa anche se non sembra, la vedo un po’ dura. Ma mi tiene impegnata la mente.

Li leggi tutti, questi libri? 

No, però cerco sempre di informarmi per poter dare un consiglio al lettore. 

Okay Gennaro, ultima domanda: hai qualche consiglio da dare? Qualcosa che vale la pena di consigliare a qualcuno?

Avere sempre un occhio critico sulla vita. Una cosa questa che è venuto molto a mancare ai giorni nostri. Ho visto il cambiamento. In passato c’era questa continua abitudine di andare a vedere cosa si nascondeva dietro l’albero, ora si fa un po’ di meno.

Altra cosa che è venuta a mancare è la tendenza a ribellarsi e ad associarsi davanti alle ingiustizie. Serve un po’ di sano scetticismo. Bisogna sempre chiedersi, interrogarsi e farsi delle domande. Può sembrare un po’ paranoico, ma è così. 


Areeba Aksar

Conosciuta come Ary, è nata a Kotli nel 1999. Studia Scienze Psicosociali della Comunicazione alla Bicocca. Apprezza i libri usati, gli indelebili per scrivere cose permanenti e i dialoghi dei film che non ti scordi. Soffre di meteoropatia estiva, se potesse vivrebbe da qualche parte in Quebec.

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