Per chi, come me, ha una sarta o un sarto in famiglia, sa quanta magia ci sia nel vedere un pezzo di stoffa aggiustato, rimodellato, riutilizzato fino a trasformarsi in un qualcosa di totalmente nuovo e sorprendente. È in questo mondo di ditali e forbici da cucito che albergano i sogni di Rosa, la protagonista del nuovo film di Icíar Bollaín Il matrimonio di Rosa, al cinema dal 16 settembre. Ma fin dai primi minuti di pellicola ci rendiamo conto che Rosa di tempo per fantasticare non ne ha: è una donna sempre indaffarata, soprattutto con gli impegni con cui la sommergono gli altri. Anche per lei però arriva il momento di dire basta e dare inizio ad una nuova vita in cui si impegna ad amarsi e a mettere al primo posto i propri desideri. E quale modo migliore per impegnarsi se non un vero e proprio matrimonio…con se stessa? Questa è quindi la premessa di Il matrimonio di Rosa, su cui adesso farò alcune considerazioni post-visione.
La trama
Come abbiamo già accennato, la vita di Rosa non è molto tranquilla. Sia a casa che a lavoro il suo ruolo è essere in prima linea per risolvere i problemi di tutti, complice la sua immensa generosità. In particolare la famiglia di Rosa dipende da lei in maniera assoluta e il padre, anziano e in cerca di attenzioni, si è infilato nella sua vita e sembra non volerne uscire più. È proprio all’apice di quest’invadenza- quando l’uomo decide di trasferirsi da lei- che Rosa si decide a dire un secco no. Lascia il suo lavoro di costumista, smette di pagare l’affitto e torna nel paesino natio per riaprire la vecchia sartoria della mamma, piena di ricordi affettuosi ma ormai abbandonata da tempo.
Decisa a dare finalmente valore ai suoi sogni, Rosa sugella questa promessa con una vera e propria cerimonia: un matrimonio con se stessa. Da qui nasce il fraintendimento comico del film, poiché la sua famiglia, invitata alle nozze, è convinta che in fondo alla navata ci sarà uno sposo ad attenderla.
Amare o amarsi (e il limite fra i due)
Il messaggio del film è trasparente, è un invito a prendersi cura di sé e delle proprie ambizioni e a ritagliarsi il giusto spazio per poter vivere una vita piena e felice. Rosa tiene chiaramente ai suoi cari, ma è proprio questo legame ad averla messa in catene per così tanto tempo. Nel suo punto di rottura è talmente soffocata che solo un cambiamento radicale può permetterle di tornare a respirare e ricominciare da zero.
L’amore per gli altri ha bisogno quindi di alcuni limiti per essere sano, in primis quello di non oscurare mai l’amore per se stessi. Solo così possiamo avere l’energia per prenderci cura di chi ha bisogno di noi senza diventare persone miserabili nel mentre. Dall’altra parte amare qualcuno è lasciarlo libero di cambiare, non importa quanto folle sembrino i suoi piani, anche quando siamo abituati a vederlo come il nostro punto solido e immutabile.
Questo è ciò che accade fra Rosa e la sua famiglia e, nonostante tutto, questa ridefinizione di affetto si rivela la scelta più vantaggiosa per tutti.
Famiglia e buona comunicazione: un match difficile
Altro tema ricorrente in Il matrimonio di Rosa è quello della comunicazione, o meglio di quella fatta male. La comicità del film è quella classica delle incomprensioni, che si moltiplicano fino a far scoppiare il caos.
Ma non è solo il matrimonio anomalo a essere fonte di ambiguità e mistero. Infatti scopriamo che tutti i membri della famiglia di Rosa stanno vivendo periodi difficili, di cui fanno fatica a parlare. Questo silenzio genera barriere che impediscono di esprimersi e capirsi a fondo, e quindi anche di aiutarsi. Nel climax finale finalmente cadono le maschere e per una volta, invece di ascoltare solo se stessi, i personaggi imparano a comunicare per davvero. I nodi vengono districati e tutti possono rivalutare se stessi e il modo in cui interagiscono con gli altri in una luce più ottimista. Per quanto disfunzionale sia la famiglia, nel più classico dei lieto fine il Bene trionfa e quel sentimento che era diventato tossico per la protagonista all’inizio della storia diventa il legante per affrontare le crisi e uscirne più uniti di prima (in modo sano).
Considerazioni finali
Il matrimonio di Rosa parte da un’idea tanto insolita quanto efficace: se il matrimonio è una promessa di rispetto e amore, perché non pronunciarla a se stessi per una volta?
Il film ci parla di famiglie complicate, self-love e voglia di ricominciare, il tutto con una vena comica che lo dipinge di leggerezza. Ha anche però qualche difetto. Nella parte centrale la “meta” del matrimonio di Rosa sembra perdersi nell’intrico dei problemi dei personaggi secondari, che vengono ripresi più e più volte in una serie di dialoghi informativi. Anche il sogno di Rosa di riaprire la sartoria si dissolve in secondo piano, quando in realtà sarebbe potuto essere molto più centrale, visto che rappresenta il punto di svolta della protagonista e il collegamento fra il suo passato e il suo futuro. Si tratta quindi di una commedia sicuramente godibile e che tratta di messaggi importanti, ma che forse avrebbe potuto osare un po’ di più.
Se ti intriga l’idea delle nozze solitarie e hai voglia di comicità spagnola, sappi che Il matrimonio di Rosa è disponibile in tutte le sale già dal 16 settembre. Per chiudere, ti lascio qui il trailer:
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