Alice Basso lavora per diverse case editrici come redattrice, traduttrice, valutatrice di proposte editoriali. Nel tempo libero finge di avere ancora vent’anni, canta e scrive canzoni per un paio di rock band e suona il sassofono. È autrice per Garzanti della serie che ha come protagonista Vani Sarca, una ghostwriter che comincerà a collaborare con la polizia grazie alla sua capacità di leggere le persone che incontra.
Da cosa trai ispirazione per scrivere i tuoi romanzi e come è nato il personaggio di Vani Sarca?
Nel 2013 lavoravo nell’ambiente editoriale da ormai una decina d’anni e mi era venuta una voglia pazzesca di scrivere qualcosa per raccontarlo, per descriverne i retroscena (spesso veramente divertenti), e anche per rendere giustizia a tutte quelle persone che lavorano nel “dietro le quinte” dei libri senza apparire quasi mai: editor e redattori (come me), traduttori, commerciali… e anche ghostwriter. Quella del ghostwriter mi è sembrata subito la professione più interessante da attribuire alla mia protagonista: il ghostwriter, che scrive libri che poi vengono firmati da qualcun altro di più famoso di lui, fa un lavoro molto creativo ma resta nell’ombra, il che offre un sacco di spunti di riflessione sui temi dell’identità, del “trovare la propria voce”, e anche della schiettezza o falsità della produzione letteraria. È difficile, però, creare un personaggio che di mestiere fa il camaleonte, imita la voce altrui, dandogli comunque una sua personalità ben riconoscibile: mi serviva qualcuno che avesse una personalità talmente forte e marcata da non rischiare di perderla per strada a furia di “cambiare pelle”. E così a poco a poco è nata Vani Sarca, la ghostwriter dark, misantropa, sociopatica e sarcastica, che effettivamente ha una personalità incredibilmente autosufficiente.
Due dei personaggi che mi hanno colpito di più sono il commissario Berganza e il professore di Vani, Reale. Come sono nati questi due personaggi? Sono ispirati a persone reali?
Berganza è il coprotagonista della serie: commissario di 50 anni, impermeabile beige e sigaretta sempre in bocca, sembra uscito dai romanzi di Raymond Chandler. Affianca Vani nelle sue investigazioni e trascina Vani nelle proprie, e come Vani è intuitivo, solitario e amante dei buoni libri: non c’è da stupirsi che vadano così d’accordo. E, ahimé, no, non è una figura reale, anche se forse così dicendo darò un dolore a svariate fan, eheh.
Il professor Reale invece appare solo nel terzo libro della serie, “Non ditelo allo scrittore”, nei flashback che raccontano l’adolescenza di Vani: è il suo professore di inglese al liceo, e durante le sue lezioni Vani si innamora della letteratura e dei libri. Ecco, lui è “reale” davvero, nel senso che è il “frullato” di tutta una serie di professori veramente fantastici che io ho avuto la fortuna di avere durante i miei anni di scuola, con una prevalenza del mio professore d’inglese del liceo. I brani dei libri che Reale legge in classe in “Non ditelo allo scrittore” sono quelli che il mio professore ha effettivamente letto alla mia classe durante le sue lezioni.
C’è qualche consiglio che vorresti dare ai giovani scrittori che sognano di pubblicare un giorno un loro romanzo oppure a coloro che vorrebbero lavorare nel mondo dell’editoria?
Sono due cose molto diverse, in realtà. Per lavorare nell’editoria, come redattore, traduttore, promotore eccetera, esistono ormai molti corsi e master universitari: una volta non ce n’erano e ti facevi le ossa sul campo, oggi puoi confezionarti un tuo percorso formativo ad hoc; l’unico problema (che però non è piccolo) è che tanti master sono veramente costosi. Bisogna scegliere bene, informarsi, valutare le effettive prospettive che ciascun corso apre.
Diventare scrittori, invece, è qualcosa per cui non esiste un percorso scolastico prefissato: di solito fai la tua vita, trovi qualcosa che vuoi raccontare, ed è così che inizi a scrivere. Ovviamente si può imparare a scrivere sempre meglio, ma i (tantissimi) corsi di scrittura che si trovano in giro non sono ovviamente equiparabili a una formazione ufficiale e soprattutto non hai alcuna garanzia che al termine di uno di essi – anche del più quotato – il tuo libro verrà pubblicato davvero. Il massimo che possiamo fare è scrivere al meglio delle nostre capacità la storia più interessante che abbiamo, e poi presentarla agli agenti o agli editori in modo efficace. A proposito, scrivere una buona lettera di presentazione è fondamentale: occorre essere sintetici e far capire immediatamente quali potrebbero essere i punti di forza e d’interesse della storia, senza però risultare spocchiosi, e poi è assolutamente d’obbligo informarsi bene prima e mandare il libro ad editori dei quali si conosce bene il catalogo. Se nella lettera di presentazione si è in grado di dire “mi sono rivolto a voi perché il mio libro condivide i temi della vostra collana XY e lo stile del vostro autore WZ mi ha ispirato da sempre”, si hanno probabilità enormemente maggiori di catturare l’attenzione dell’editore.
Cosa ti piace di più del tuo lavoro e cosa di meno?
Adoro lavorare come editor e redattrice perché trovare la potenzialità di un libro e aiutare l’autore a esprimerla al meglio è un’avventura. Anche se lavoro su dell'”arida” saggistica. Perché devi essere rispettoso dell’opera e dell’autore ma anche spiegare bene all’autore cose che lui stesso nel suo libro non ha visto. Il lato difficile, ovviamente, è che spesso gli autori sono gelosi delle loro “creature” e non sempre ascoltano volentieri. Io dico sempre che fare l’editor è anche un po’ fare lo psicologo, l’ipnotista e l’assistente sociale!
Invece, dello scrivere mi piace la sensazione di stare autoraccontandosi una storia. Io procedo per scalette sempre più dettagliate: una volta che ho chiarito nella mia testa cosa succede, parto a scrivere, e a quel punto non devo fare altro che divertirmi come una matta a cercare il modo più interessante di raccontare quella certa cosa. La parte difficile, ovviamente, è il tempo: avendo un lavoro “vero”, una famiglia e anche molte attività extra, trovare il tempo di sedermi e andare avanti con il libro in corso non è mai scontato…
Da scrittrice cosa ti piace leggere? Quali libri sono tra i tuoi preferiti?
Vado a periodi: ho avuto gli anni dei classici (Dostoevskij, Maupassant…), gli anni dell’horror (King, Poe…), gli anni dei grandi autori della Depressione americana (Steinbeck, Fante…), gli anni della letteratura leggera ma profonda (Pennac, Benni…). Ultimamente, per ragioni anche professionali, mi sono dedicata più di prima agli italiani e ho scoperto tanti autori capaci di coniugare divertimento brillante con temi anche densi e tosti: la Oggero, Robecchi, Savatteri. E in questi giorni è mancato il mio autore preferito di sempre: William Goldman, autore di un meraviglioso romanzo per ragazzi, La principessa sposa, che però nel mondo è famoso anche per i suoi thriller psicologici (Il maratoneta) e per i due Oscar vinti come sceneggiatore cinematografico. Un bel minestrone di gusti, insomma!
Oltre che scrivere romanzi scrivi anche canzoni e canti in una rock band. Alcune di queste canzoni le hai inserite anche nella storia di Vani Sarca, hai cominciato prima a scrivere canzoni o romanzi? Le due attività di scrittura sono a volte collegate?
Libri battono canzoni: a scrivere canzoni ho iniziato a 12-13 anni (cioè dopo il mio primo anno come studentessa di musica: all’epoca studiavo sassofono ma avevo anche una tastiera), mentre il mio primo romanzo l’ho concluso che avevo dieci anni (era un fantasy di dieci capitoli, scritto a penna sui fogli a righe di un raccoglitore ad anelli. Credo di averlo ancora da qualche parte). Sempre adorato scrivere entrambi. E, fra l’altro, una volta disegnavo e dipingevo anche, tanto per non farci mancare nulla sul fronte delle esperienze artistiche: come dico spesso, nomina un hobby, un’attività o una passione che di solito non porti reddito ed è probabile che io l’abbia praticata!
Nel 2019 il ciclo di romanzi legati a Vani Sarca si concluderà, puoi darci qualche anticipazione su cosa succederà alla nostra ghostwriter preferita e al commissario Berganza?
Cavoli, il maledetto rischio spoiler è sempre in agguato! be’, posso sicuramente dirti che il quinto libro sarà il più avventuroso della serie. Berganza e Vani si troveranno a fare anche un piccolo viaggio, a un certo punto. E poi, come si addice al “finale di stagione”, ci sarà tutto il cast al completo: tutti i comprimari che i nostri due eroi hanno incontrato nel corso dei quattro libri precedenti affolleranno le pagine di questa ultima puntata…
Ringraziamo Alice Basso per la disponibilità e buona lettura!
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