Intervista || Cimini: l’importanza dell’empatia e del rapporto con il pubblico


Cimini intervista

Classe ’88, Federico Cimini è un cantautore di origine calabrese ma, da diversi anni oramai, trapiantato a Bologna.
Sotto l’etichetta Garrincha Dischi ha pubblicato Ancora meglio, il disco che l’ha fatto conoscere nel panorama indipendente, dopo diversi anni di pausa dal mondo della musica.
La legge di Murphy è la canzone grazie alla quale, poco più di un anno fa, ha iniziato il suo progetto musicale.
Nei suoi testi introspettivi riflette sulle indecisioni e insicurezze della vita, sui cambiamenti della società, utilizzando sempre un linguaggio diretto ma anche ricercato, sottolineando temi comuni ai giovani come i sentimenti, la speranza, i continui errori.
Quest’estate con il singolo A14, ha realizzato un tour in giro per l’Italia raccontando di sè e della sua musica; ad Ottobre ha rilasciato il nuovo brano Tokyo, uno dei pezzi più intimi del cantautore, che sta promuovendo nei suoi nuovi concerti.

Mercoledì 28 novembre, in occasione della tappa a Milano al Circolo Magnolia, dove si era esibito anche ad Agosto nel tour precedente,  abbiamo avuto l’opportunità di intervistarlo prima del suo show.

Hai in progetto di pubblicare nuovi brani? Saranno in linea con i temi e il sound presente nei singoli Tokyo e A14 e con il disco Ancora meglio o ci dobbiamo aspettare delle novità?

Sì, assolutamente. Sto scrivendo in questo periodo delle canzoni che secondo me fanno parte di un ciclo che è iniziato con Ancora meglio. I nuovi brani, già da A14 in poi, mi piacciono di più, li trovo più veri, diretti e maturi, in linea anche con altri pezzi che non sono ancora usciti, ma che spero di pubblicare presto.
Ancora meglio può diventare così un titolo ironico: sono partito da testi realizzati così quasi per caso e gioco, con la consapevolezza di arrivare poi con il tempo a scrivere canzoni che saranno ancora meglio delle precedenti (ndr. ride sul gioco di parole).
Il disco rappresenta un nuovo ciclo di vita, una richiesta d’affetto che avevo bisogno di esternare ed è la prima volta che mi sono messo a creare testi seguendo questo modo di fare, nettamente diverso dalla mia esperienza musicale precedente.

Tokyo CiminiParlando del tuo ultimo brano Tokyo, che è anche il titolo di questo tour invernale: hai detto che i temi centrali risultano essere l’incomunicabilità e l’incomprensione nelle relazioni, forse anche grazie ai social. Come vivi questo rapporto con i social e quanto secondo te questi possono influenzare le relazioni sociali?

Tokyo è uno dei testi più diretti che io abbia scritto: racconta di una mia esperienza personale anche se è presenta una parte romanzata. L’incomunicabilità di questa relazione, che descrivo nei versi, la si può immaginare come il parlare ad un microfono senza essere sentiti però volerci provare, comunque, sperando, prima o poi di farsi sentire.
Certamente però un’ immedesimazione nel rapporto difficile di Tokyo la si può notare anche nei rapporti sociali, i quali, in questo periodo, sono influenzati sicuramente dall’utilizzo dei social.

Ad esempio, non mi piacerebbe condividere la mia vita sentimentale sul web anche se, oramai da tempo, è nata una tendenza a condividere ogni singolo momento. Penso che una forzatura nella comunicazione, dovuta forse anche ad una finzione eccessiva, diventa incomunicabilità.
Per quanto riguarda il mio rapporto con i social, devo ammettere che li uso abbastanza, mi servono a farmi pubblicità a condividere stati d’animo. Sono un personaggio che lavora con il pubblico e, quindi, cerco sempre di far attenzione a quello che condivido. Sono una persona discreta, ma anche empatica.
Mi sto rendendo conto però, da un anno a questa parte, in maniera un po’ inaspettata, che le persone che mi seguono riescono ad immedesimarsi nelle mie canzoni e a farle proprie.

Perché ti definisci empatico?

Ma sai si tratta soprattutto di riuscire a trasmettere empatia. Perchè devo condividere una story dove ascolto una canzone su Instagram, se non c’è dietro un messaggio da voler proporre? È una forma di tranquillità o umilità, posto qualcosa perché voglio creare empatia con chi potrebbe ascoltarla e far entrare in contatto il pubblico con me.
Lo stesso accade con le canzoni, spesso partono come sfoghi ma poi mi rendo conto che sento il bisogno di condividerle sennò resterebbero in un cassetto.
In particolare quando fai il cantautore e canti le canzoni che scrivi allora è importante che ci sia della verità e sincerità. Così ritrovi l’empatia perché così le persone possono capirti e mettersi in contatto con te.

CIMINI

Questa sera ti esibirai sul palco del Magnolia e il pubblico avrà modo di conoscerti meglio e vivere la tua musica dal vivo. Penso che i concerti siano una delle esperienze più significative per entrare in contatto con un artista. Qual è stato l’ultimo concerto al quale hai assistito? Ci sono dei concerti ai quali vorresti andare presto?

Ultimamente ho assistito a diversi concerti di miei colleghi, della nuova scena indipendente italiana e li ho apprezzati davvero tanto, come Willie Peyote o Frah Quintale. L’esperienza dei concerti si è fermata circa un mesetto fa, l’ultimo è stato Luca Carboni a Bologna: merita davvero, anche solo per l’esperienza personale che porta sul palco e che condivide con i suoi fan.
In questo periodo di tour sto ascoltando davvero tanta musica: dai Tame Impala o i Phoenix. Mi piacerebbe conoscerli e ascoltarli dal vivo. Sto cercando di ampliare i miei orizzonti musicale e di trovare anche magari delle ispirazioni.
Ritornando sulla scena indipendente, vorrei vedere un concerto di Calcutta, perché dopo la pubblicazione del nuovo disco Evergreen non ho ancora visto lo spettacolo che ha portato a Verona e Latina, perché ero in tour a suonare in giro per l’Italia. Spero di riuscire ad andare a vederlo a Bologna tra un paio di mesi.

Oramai Bologna è diventata la tua seconda casa e lì molti giovani come te si sono dedicati alla carriera musicale, come i tuoi colleghi de Lo Stato Sociale o alla carriera radiofonica, come le ragazze di Futura1993. Ti sarebbe piaciuto entrare a far parte di una radio quand’eri all’università?

È sempre stato un sogno sai? Io vengo da un piccolo paesino del sud, non c’erano le radio e forse il mondo della musica risultava troppo lontano. Quando ero un ragazzino, negli anni duemila, vedevo in tv che c’erano artisti come Vasco o Ligabue che erano partiti proprio dalle radio nella loro carriera musicale; ne parlavo spesso con i amici e ero dell’idea che mi sarebbe piaciuto partire da lì per poi, magari diventare un qualcuno.
E’ un meccanismo mi ha sempre attirato, ma forse non so se riuscirei a fare lo speaker, ho un modo troppo personalizzato di esprimermi, dovrei prendere delle lezioni di dizione.
Però forse in una redazione sarebbe bello, mi piacerebbe recensire album di amici artisti o di cantanti di fama internazionale, ci penserò!

Ringraziamo Cimini per la disponibilità e Garrincha Dischi.
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