Antonio Pietrapertosa, classe 1999. Musicalmente parlando, Hygge.
Nato a Potenza, si trasferisce a Bologna per studiare e anche per approdare sulla scena musicale. Abbiamo avuto occasione di parlare un po’ con lui, della sua musica e dei suoi progetti futuri.
Antonio, parlami di te e della tua musica, a cominciare dal tuo nome d’arte: Hygge.
Hygge è una parola danese che significa “star bene”. Ad esempio, da me adesso nevica e si sta a casa con tutti i cari. Questa situazione di familiarità che richiama le sensazioni di quando ero più piccolo fa “star bene”. Ed ecco spiegato il significato di Hygge. In merito alla mia musica, cerco di fare quello che mi piace e questo intento lo manifesto anche nelle scelte musicali. Sono cresciuto ascoltando quell’Indie che mi teneva compagnia durante gli anni della scuola e che adesso non esiste più, vedi l’Officina della Camomilla, TheGiornalisti e Le luci della centrale elettrica. Se in futuro vorrò fare un altro genere, mi sentirò liberò di farlo.
Come mai proprio in lingua danese il tuo nome d’arte?
Molto semplicemente è una parola che indica più sensazioni e l’ho preferita ad un nome a caso e privo di senso. In generale, volevo discostarmi dalle scelte che vanno di moda adesso. Magari alcuni mi dicono che la mia musica ricalca un po’ l’Indie che piace al pubblico adesso, però cerco sempre di differenziarmi perché altrimenti non c’è divertimento. Proprio per questo, non credo che un nome danese si senta facilmente sulla scena.
Oltre agli artisti che hai già citato, ce n’è uno in particolare a cui ti ispiri?
Diciamo che ascolto tutto, principalmente musica italiana. Quando ho scritto questo disco, anche insieme ai produttori, abbiamo cercato suoni che non fossero stati troppo approfonditi quindi ci siamo ispirati ad artisti come Clairo o Joji. Però ascolto un po’ tutto il panorama cantautoriale sia degli anni ’70 che moderno.
Hai parlato di disco…?
… Non dovevo farlo, mi sa! Mi hai sgamato (ride, ndr).
Facciamo così, parlami dei tuoi progetti futuri. Lavorativamente parlando, cosa ti auguri per questo 2020?
Le cose che si augurano tutti: che i pezzi arrivino e che piacciano.
I pezzi del tuo album in uscita, quindi?
Sì, il primo EP. Neanche un album, ma sì. Una cosa un po’ più piccolina. Uscirà sicuramente in questi primi mesi del 2020, ancora non è stata scelta una data. Con la mia etichetta, la Grifo Dischi, stiamo ultimando alcuni dettagli a riguardo.
Ad oggi hai pubblicato due singoli, il primo è Jacopo. Ti va di parlarmene?
Jacopo è il primo singolo che ho scritto a Bologna. Anche se sono di Potenza, vivo lì per motivi di studio. Frequento la facoltà di Lettere Moderne. Parla di un mio amico e della prima volta che siamo andati a Bologna all’Open Day dell’Università. Nel tragitto abbiamo incontrato una ragazza e le abbiamo chiesto indicazioni per Piazza Maggiore (che poi scoprimmo essere dietro l’angolo). Fatto sta che si scopre che quella ragazza era “un’amica di un’amica” del mio amico, appunto Jacopo, e da lì una serie di aneddoti sono riaffiorati. Il tutto è stato assurdo e nello scrivere il pezzo ho voluto intitolarlo Jacopo, come il mio amico. Ha anche un nome figo, si presta bene come titolo di un pezzo musicale.
Per quanto riguarda Influencer cosa mi dici?
È l’ultimo pezzo che ho scritto per l’EP. Riascoltandolo ho notato che “mancava qualcosa”. Influencer è il classico pezzo che nasce come brano riempitivo, cioè il pezzo che contiene i suoni che mancavano. Alla fine, invece, è diventato per me il pezzo più bello di questo progetto, forse perché non avevo aspettative su questa canzone. Ho potuto giocarci, metterci quello che mi andava di più. L’ho scritto con maggiore libertà, senza aspettative.
Siccome la domanda sul 2020 già è uscita, parlami del tuo obiettivo più vicino da raggiungere. Liberamente.
Eh, bella domanda. Guarda, ho due singoli fuori. Vorrei che la gente si rivedesse in alcuni frammenti del testo, se non in tutto. Questo, e che magari il brano lasci una sensazione, positiva o negativa non ha importanza. Mi affeziono ai pezzi e vorrei che arrivassero alle persone.
Hai 20 anni, sei un emergente e di sogni nel cassetto ne avrai tanti…
Mi sto dedicando al 100% a questo progetto, sentendomi con l’etichetta per programmare, organizzare, fare ecc… e già questo è un sogno. Poi, a me piace suonare in giro, specialmente nei locali. Suonare in posti come l’Ostello Bello a Milano è stato emozionante. Mi basta tutto ciò per adesso.
Ringraziamo Hygge e la Grifo Dischi per la disponibilità, di seguito alcuni link utili:
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