Intervista | Nico LaOnda: Casco Ribelle, New York e progetti futuri


NIco LaOnda

Milano – New York, un numero, internet, Whatsapp e il contatto è fatto. Sono le 18:00 e da Milano parte una chiamata per New York, in cui, adattando il fuso orario con sei ore in meno, sono esattamente le 12:00 e, a risponderci, troviamo Nicola Donà, che, tra allarmi risuonanti e una bambina che vuole vedere i cartoni, ha risposto ad alcune delle nostre domande.

Nicola Donà, in arte Nico LaOnda. Partiamo subito dal tuo nome. Nico è ben intuibile da dove provenga, mentre per LaOnda, al di là dei nostri riferimenti personali, troviamo maggiore difficoltà nel ripercorre la storia di questo nome. Ci puoi dire qualcosa riguardo? Da dove nasce e perché?

Nico LaOnda è l’anagramma del mio nome, ovvero Nicola Donà. Qui in America tutti mi chiamano Nico, dunque volevo un cognome che fosse facile da ricordare e che rimandasse ai quei progetti italiani musicali anni ’60. Poi in generale “la onda” significa varie cose ed uno dei miei più stretti collaboratori, Tomás Cabezon, è proprio cileno. Poi in ultimo, facendo svariati progetti, Nico LaOnda li etichetta tutti permettendomi così di riconoscerli nelle varie cartelle o documenti sul Mac!

NIco LaOnda

È spesso e giustamente ribadito che provieni da New York, e possiamo anche ormai definirti un cittadino a tutti gli effetti di tale città, essendo ormai trascorsi dieci anni da quando hai raggiunto questa meta oltre oceanica. Come mai sei partito e sei arrivato a NY? E cosa ami di più di questa fantastica città?

Io sono veneto. Un veneto che per studi si è trasferito a Ferrara e come ben sapete tra vicini e confinanti non scorre mai un ottimo sangue, quindi sono dovuto andarmene [ride]. A parte gli scherzi, partii dopo la laurea a Ferrara per i consueti tre mesi sabbatici, a cazzeggiare liberamente. Lì, mentre il mio primo disco su una label, Marzipan in Zurich di The Calorifer is Very Hot! (via My Honey Records), veniva prodotto, cominciai a fare i primi showcase. Con i “Caloriferi” abbiamo fatto un sacco di tour in Europa e in America e nel mezzo ho gestito tre anni un piccolo circolo culturale in centro a Ferrara, lo Zuni. Poi due anni a Londra e ormai sono fisso a New York da sette anni.

Tra Londra e New York, alla fine mi sono perso tanto di Italia, circa dodici anni. Perso o guadagnato… Sicuramente non conosco molto la scena musicale nazionale e forse è un bene quando scrivo.

Sono però uno che ha un botto di amici veri con cui ho mantenuto un legame stupendo durante questi anni all’estero. Ad esempio Giorgio Poi, che conobbi a Londra, insieme a Luigi Boccarello, che fa il fonico in giro per il mondo (se non sbaglio ora è in tour con Rita Ora), in un momento in cui stavo molto alla larga dagli italiani mi presentarono questi due artisti fenomenali. La cosa che mi piace di più di New York è che comunque in casa o fuori, posso fare musica, scrivere, sentirla e respirarla. Sotto di me abita un dee jay per esempio. In questa città ognuno è privatamente libero di fare ed essere ciò che vuole senza giudizio. C’è la garanzia di una libertà espressiva che altrove, probabilmente, non avresti.

Casco Ribelle, è il tuo ultimo singolo uscito il 14 maggio. All’apparenza questo titolo mi sembra un ossimoro, perchè un casco di per se è poco ribelle, avendo la principale funzione di proteggere, quindi dare sicurezza. Cosa ci racconti di questa canzone?

Sì il titolo è assolutamente un ossimoro. Scrivo i testi molto, davvero molto velocemente e forse dovrei rivedere questa mia caratteristica. Luca di Cataldo, Weird Bloom, che mi ha aiutato molto nella realizzazione dell’album, ha insistito su questa mia peculiarità. Io vedo la lingua italiana in modo molto libero, forse perché vivo a New York, quindi mi concentro sul suono delle parole e sulle assonanze tra queste. Casco ribelle credo fossero le parole perfette per descrivere alcune immagini della mia adolescenza

A febbraio abbiamo intervistato Weird Bloom, e nello specifico Luca Di Cataldo. Dove vi siete incontrati e conosciuti e quanto è stato fondamentale per te Luca, e come partecipa e collabora ai tuoi progetti e lavori?

Con Luca è stato un amore a prima vista. Ci siamo conosciuti al SXSW ad Austin in Texas e suonato una sera nello stesso posto, con le rispettive band; l’abbiamo mandata subito “in vacca”, iniziando a sparare delle grandi cavolate e ridere senza neanche conoscerci. Quando tornai in Italia con il mio gruppo, Dizzyride, per un tour, ci fermammo a Roma per registrare due pezzi e Luca le produsse.

Recentemente abbiamo fatto uno split con Weird Bloom, The Flying Pan Club, molto improvvisato in quattro giorni nello loro studio di Roma. E da New York a Roma siamo sempre a contatto, lo sento più di mia madre. Scriviamo insieme e abbiamo un sacco di cose in comune, gli anni ’60, il beat, i Beatles, la psichedelia, ma anche l’italo-disco più ignorante, i neozelandesi e molto altro.

Cosa ci aspetta dal tuo futuro? MI AMI, disco ad autunno e poi?

Adesso partirà il tour e mi porto due musicisti da New York. Ci stiamo molto concentrando per questo tour in Italia, ma abbiamo già delle date a New York e anche per un piccolo tour sulla West Coast. Per le varie date basta seguire Instagram dove pubblico i vari aggiornamenti. A settembre uscirà il disco su La Valigetta, e sarà anticipato da un altro video. L’estate dunque si dividerà tra Italia e America. E poi in generale i progetti sono infiniti e continuamente in evoluzione, cerco di vivere molto il presente.


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