Sabato 9 febbraio, giorno della finale della 69esima edizione del Festival di Sanremo, abbiamo intervistato Paolo Antonacci, autore del brano Mi farò trovare pronto, scritto insieme a Luca Chiaravalli e a Nek che l’ha portato sul palco dell’Ariston.
Quali sono state le dinamiche di scrittura del brano Mi farò trovare pronto con Luca Chiaravalli?
Conoscevo già Luca, quindi ci siamo incontrati in studio per scrivere e abbiamo abbozzato l’idea del brano, poi Nek ha sentito il pezzo, gli è piaciuto, è venuto in studio e insieme l’abbiamo portato a termine. È stato fin dall’inizio un lavoro a tre, ci tengo a dirlo perché mi è piaciuto molto che il rapporto in studio sia stato totale, nessuno ha prevalso sull’altro. Abbiamo lavorato coesi fino alla fine come un team, certo con le difficoltà del caso, però siamo riusciti a trovarci.
Non hai avuto particolari difficoltà a lavorare con persone molto più grandi di te?
Questo è molto interessante perché io anagraficamente ho quasi l’età che Nek ha di carriera. Il lavoro di autore è così nel senso che gli interpreti della canzone italiana sono grandi e io sono piccolo, fortunatamente riesco però a incrociarmi con loro e a trovare punti in comune. Non è facile parlare d’amore con una persona più grande perché è chiaro che le dinamiche cambiano, infatti in Mi farò trovare pronto abbiamo tentato di sviscerare un amore che non fosse generazionale, né adulto, né giovane per riuscire a trovare una via di mezzo e di incontro.
Come è nata l’idea di ispirarsi alla poesia È l’amore di Borges?
È nata proprio dal fatto che io ho una passione per la letteratura e soprattutto per la forma poesia perché la trovo vicinissima alla forma canzone quindi in studio capita spesso che io porti libri di poeti. Più parlavo con Filippo e più mi veniva in mente che dovevo fargli leggere la poesia È l’amore di Borges. Quando l’abbiamo letta insieme è stata galeotta e ci ha aiutato molto nella scrittura del brano.
È l’amore. Dovrò nascondermi o fuggire.
Crescono le mura delle sue carceri, come in un incubo atroce.A cosa mi serviranno i miei talismani:
l’esercizio delle lettere, la vaga erudizione,le cose comuni, le abitudini, la notte intemporale, il sapore del sonno? L’ansia e il sollievo di sentire la tua voce.
Stare con te o non stare con te è la misura del mio tempo.
Quali sono gli autori che ti capita più spesso di avere in studio?
Borges è sicuramente uno di quelli che ho letto più di tutti, poi mi capita spesso di avere Hikmet, Neruda e il Profeta di Gibran, libro che mi è piaciuto molto. E poi per la quota Italia un autore contemporaneo, Guido Catalano, che mi piace tantissimo e porto spesso con me.
Quanto il percorso universitario che hai fatto influisce sulla tua carriera?
Quanto influisce il percorso di studi in sé non lo so. Però, anche se i miei lavori hanno cominciato ad uscire effettivamente nell’ultimo anno e mezzo e ho cominciato solo in questo periodo a lavorare a pieno titolo, la scrittura è una cosa che pratico e covo da anni, quindi secondo me è importante studiare a prescindere da quello che si studia, per due motivi: primo perché comunque tutto quello che scrivi è figlio delle esperienze che vivi. Secondo se io avessi scritto soltanto probabilmente non sarei più uscito di casa e comunque, anche senza per forza scrivere, se non avessi avuto un impegno diametralmente opposto alla musica mi sarei chiuso in casa e mi sarei svegliato tutti i giorni a mezzo giorno. Invece l’università è un impegno che ti tiene il cervello attivo anche perché la musica purtroppo ha dei tempi molto dilatati: oggi scrivo un brano, lo finisco domani, lo faccio sentire tra una settimana. La scrittura non è un impegno fisso, un autore potrebbe anche svegliarsi tutti i giorni alle due di pomeriggio. Quindi l’università è molto importante per dare una forma mentis ad un lavoro che non ha orari, anche perchè la libertà quando è troppa è complicata da gestire e quindi lo studio mi ha sempre aiutato ad avere un ordine mentale.
C’è qualche consiglio che vorresti dare alle persone che scrivono e vorrebbero fare gli autori come te?
Quello che posso consigliare è di essere il più spontanei possibile, ne parlavo proprio qualche giorno fa durante un’intervista a casa Siae il cui tema era “Come si crea una hit?”. La mia risposta a questa domanda è stata: se io entro in studio e penso di fare una hit non la farò mai. Quindi il consiglio che posso dare è di fare quello che ti piace, di uscire dallo studio con delle idee che a te convincono e di cui sei fiero. Ovviamente non è detto che essere fieri corrisponda ad avere successo se no faremmo tutti quanti le rockstar, però una volta che sei fiero secondo me sei già un passo più vicino al tuo obiettivo, anche perché gli artisti lo capiscono quando arrivi da loro convinto. Per prima cosa bisogna essere felici per se stessi, poi quello che succede succede. Quando gli artisti scelgono i tuoi pezzi e li cantano sicuramente è una vittoria, ma non bisogna entrare in studio con l’idea di produrre una hit, se no è un disastro e un suicidio. Almeno per me è così, poi ognuno ha la sua, io sono giovanissimo quindi non prendete le mie parole come oro.
Ci ha molto colpito il duetto di Nek con Neri Marcoré, come è nata l’idea?
Secondo me questo duetto è stato stupendo, abbiamo cambiato l’arrangiamento del tutto riportandolo solo a pianoforte, voce e archi. E poi per tornare all’argomento letteratura, Neri Marcoré ha recitato Borges nella prima parte della canzone mentre invece nella seconda ha recitato un pensiero scritto da lui. La nostra volontà era di creare qualcosa di diverso per la serata dei duetti, anche perché il pezzo originale è pensato per le radio e per quello standard. Invece era bello per quella sera portare sul palco qualcosa di completamente diverso, anche per dare un nuovo impatto e un senso ancora differente alla canzone.
Ringraziamo Paolo Antonacci per la disponibilità e vi lasciamo il video del duetto di Nek e Neri Marcoré sul palco dell’Ariston.
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