Simone Sacchi, in arte See Maw, è un ragazzo classe 1996 di Milano che nella vita ha avuto sempre le idee chiare, da quando in prima media ha preso in braccio la chitarra il suo destino era scritto: doveva fare musica. In precedenza, ha frequentato il liceo musicale e ora, si è appena laureato in Nuove tecnologie dell’arte a Brera. Sulle spalle ha già un EP, Ghiaccio, pubblicato il 25 aprile, e diverse collaborazioni; è parte della grande famiglia Undamento, etichetta che raccoglie nomi dello spessore di Frah Quintale e IRBIS 37.
Immerso nei rumori di Milano, la città che ama raccontare nei suoi brani, ci ha concesso un’intervista per parlarci della sua esperienza da musicista e dei suoi progetti futuri.
Dopo le presentazioni, gli chiedo subito una precisazione riguardo a da dove venga il suo nome d’arte e come si pronunci.
See Maw viene dall’abbreviazione del mio nome, Simo, all’inglese. Quindi, si pronuncia Simow.
Si capisce subito che è una persona cordiale, che sa mettere a suo agio. La cupezza dell’alternative indie che trasmette dai suoi brani si dissipa non appena ride fragorosamente, questo mi dimostra che sto parlando con un vero cantautore, uno che sa interpretare le emozioni mentre canta.
Da dove nasce il tuo interesse per la musica?
In prima media ho abbracciato la chitarra per la prima volta ma, in realtà, anche prima cantavo, soprattutto in bagno. Per tre anni sono stato un autodidatta, secondo me è stato un processo fondamentale. Sono contro il concetto di fare la scuola subito per quanto riguarda la musica, prima ti devi coltivare tu da solo. Centra la voglia di voler imparare da solo e penso si impari improvvisando, inventando sempre musica nuova. Mi dichiaro contro le cover, odio le cover. La cosa fondamentale è improvvisare, anche tra quarant’anni ne sarò convinto. Un aneddoto interessante: quando avevo 11 anni caricavo canzoni su YouTube in cui facevo un giro di accordi e cantavo parole a caso in un inglese inventato. Tra l’altro, quei video esistono ancora.
Cerco di farmi dare le parole chiave per trovare quei video ma la sua ilarità ha la meglio sulla mia tentazione di guardarli, mi promette che un giorno li diffonderà.
C’è qualche artista da cui ti sei sentito influenzato?
Sì, premetto che questa domanda è davvero difficile per me perché mi sento influenzato da tutta la musica che ho ascoltato da piccolo. Da piccoli si ascolta la musica che ascoltano i genitori: passavo da mio padre e i Deep Purple, Pink Floyd, David Bowie, a mia madre e Celentano, Tiziano Ferro. Ora che sono grande mi sento influenzato molto da Iosonouncane, lo stimo davvero tanto.
Com’è nato Ghiaccio, il tuo primo EP?
Da un anno io e Dado Freed, mio caro amico con cui collaboro anche nel disco, ci siamo trasferiti dalla provincia alla metropoli e abbiamo iniziato a fare canzoni su canzoni. Io mi auto produco quindi ne faccio davvero a bizzeffe, a Ghiaccio abbiamo lavorato per un anno ma ne ho tante altre mai uscite che sono ancora sul mio computer. Ho cercato di differenziarmi dal mio stile, credo che si cominci a creare musica interessante e un po’ più nuova quando ti spingi su un genere che non è il tuo all’inizio ma che pian piano lo diventa. Così nasce qualcosa di personale che si discosta da quello che ti aspettavi.
Com’è stato essere produttore e registra del tuo ultimo singolo Shh insieme a Dado Freed?
Io, Dado e Gimmy siamo un progetto unico. Facciamo i video già da un po’, abbiamo fatto le nostre esperienze. Siamo avvantaggiati da questo punto di vista perché possiamo occuparci sia di musica che di video. Io produco da quando ho 14 anni, produrre è la parte più divertente, mi viene quasi naturale. Trovare le parole è più difficile.
Le tue canzoni sono dedicate a qualcuno? Morto è un brano molto forte, a chi ti riferivi mentre lo scrivevi?
No, è più un immaginarmi nelle situazioni. Non sono mai dedicate a nessuno, adoro immedesimarmi in qualcun altro e viaggiare di fantasia, attingere da cose personali non mi piace. Nel brano Morto mi sono immaginato questa situazione in cui il morto si chiede che cosa succeda nell’attimo dopo la morte, cosa provano quelli che lo vedono, cosa ne è della sua immagine e dei suoi ricordi. Le mie canzoni ritraggono situazioni, sono molto della serie ‘cartoline da Milano’.
So che l’11 luglio suonerai al MAXXI a Roma per la festa di Undamento, cos’altro vedi nel tuo futuro?
Nel mio futuro vedo me che faccio musica con meno paletti possibile. Penso di aver trovato l’etichetta giusta per questo, è una famiglia di pochi membri ma che hanno molto da dire. Non mette assolutamente paletti, è molto free, a loro piace come sono, la musica che faccio. Il 21 giugno è uscito Basta Feste, il nuovo singolo che annuncia il mio nuovo EP chiamato Depre Mood. In verità, sto già facendo il terzo EP. Lo so, sono molto prolifico.
Dopo tutta l’esperienza che hai, qual è la cosa più importante che hai imparato?
Ad accontentarmi, a volte bisogna scendere a compromessi. Non bisogna arrovellarsi troppo su certi dettagli, rallentano e basta. Bisogna vivere, senza fermarsi troppo sulle piccole cose, la gente non ci bada. Solo tu che sei protagonista devi decidere e andare sicuro e fregartene del resto.
Ringraziamo See Maw per la disponibilità e vi lasciamo il link al suo profilo instagram per rimanere sempre aggiornati sulla sua musica.
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