Tabu Wasabi, ha 22 anni, appassionato di musica e innamorato di Milano, la sua città.
Parlami di te e di come è nata la tua passione per la musica, ma soprattutto del tuo nome d’arte: Tabu Wasabi
La mia passione per la musica è nata facendo freestyle al muretto di San Babila, un “luogo di culto” per chi fa rap a Milano. Ci sono passati anche Fedez e i Club Dogo, per far capire quanto sia importante e conosciuto. Un mio amico, che ha visto in me delle capacità, mi ha spronato e ho cominciato a sperimentare. Adesso non riesco a farne a meno, scrivo moltissime cose, che forse mai pubblicherò tutte, ma, almeno in questo modo, mi tengono allenato. Per quanto riguarda il nome d’arte, invece, non ha un vero e proprio senso. Tabu è il contrario del mio cognome, Buta e Wasabi si riferisce a Wasabi Empire, un gruppo poco serio che avevo fondato insieme a un mio amico del liceo. Dico poco serio perché in realtà non abbiamo mai fatto uscire nulla, quindi è servito a poco o niente (ride, ndr).
Il 15 febbraio hai pubblicato una nuova canzone: Giuro, Tabu. Parlami un po’ di come scrivi i tuoi pezzi.
Ho tanti amici che producono con cui spesso collaboro, quindi quando uno di loro mi manda una base che pensa sia adatta a me, se mi piace e sono in un momento di ispirazione ci metto poco a buttare giù un testo. Nel caso di Giuro, Tabu è andata più o meno nello stesso modo.
Ciò che vorrei trasmette con questa canzone è il mio punto di vista, che spero arrivi a chi la ascolta. Uso la musica per esprimermi, anche perché prima di scrivere per gli altri, lo faccio per me stesso.
Hai in programma l’uscita di altri singoli?
Al momento ho in programma di far uscire un pezzo ogni 15 del mese. Tutti questi singoli fanno parte di una raccolta che, per questioni di tempo e organizzazione, non sono mai riuscito a pubblicare con regolarità, fino ad ora. Ho deciso di assegnare un colore specifico ad ogni traccia perché il mondo ai miei occhi ha delle sfumature vivaci per questo motivo Giuro, Tabu è arancione (come il colore dei suoi capelli, coincidenze?), Che poi si muore è rosso.
Nelle tue canzoni, ma soprattutto nel singolo Che poi si muore, parli spesso di Milano, quanto questa città influenza le tue canzoni?
Il mio rapporto con Milano lo definirei viscerale, oltre a viverci mi piace esplorarla, scoprirla. Adesso che sto lavorando come rider posso farlo e ogni giorno mi rendo conto di quanto sia unica questa città. La amo così tanto che mi sono tatuato la alabarda della Madonnina sulla pancia, come dico in una canzone: “Perchè Milano mi è a metà tra lo stomaco e le p***e” (ride, ndr)
Per i giargiana che stanno leggendo: la alabarda è l’arma che la Madonnina del Duomo regge con la mano destra.
C’è un genere musicale in cui in questo momento ti identifichi particolarmente?
In realtà dipende dai periodi. Ad esempio, prima ascoltavo molto più rap ed ero molto più influenzato da questo genere, adesso invece sono in una fase più metal e hardcore. Anche se produco soprattutto pezzi rap, spesso i generi che ascolto condizionano il risultato finale delle mie canzoni.
Ti vedi nel mondo della musica tra qualche anno?
In qualche modo sì. Da sempre la musica è il mio chiodo fisso, non mi ha mai veramente stancato e in questo momento ne sono veramente coinvolto. Prima scrivevo molto più per tempo perso, adesso sto cercando di concretizzare in modo più serio il mio percorso artistico. Infatti, dopo il progetto di questi 6 singoli, vorrei realizzare dei video delle mie canzoni. Grazie ai ragazzi dello studio di registrazione, che adesso è diventata la mia seconda casa, sto imparando tantissimo. Ho scoperto quanto sia davvero difficile fare un pezzo! All’inizio registravo, pubblicavo una traccia ed era finita lì, adesso, invece, mi sono reso conto che fare una canzone non è solo scriverla e diffonderla. E’ essenziale anche l’immagine che ci sta dietro e farla arrivare nel modo giusto a chi la ascolta.
Ringraziamo Tabu Wasabi per la chiacchierata, invitiamo tutti a seguirlo sui suoi canali per rimanere aggiornati sulla valanga di progetti e novità che usciranno a breve.
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