Venerdì 15 maggio 2020 è uscita la quarta stagione della web-serie Skam Italia su Netflix e TIMVISION. Le dieci puntate di questa conclusiva stagione si concentrano sul personaggio di Sana Allagui, interpretata dall’attrice Beatrice Bruschi. La protagonista, quindi, è un’adolescente italo-tunisina che si trova alle prese con i classici problemi dei liceali ma anche con quelli di essere una ragazza musulmana in un paese come l’Italia.
Perché parlare di Sana? Perché darle spazio in questo articolo?
La risposta è perché per una volta, sugli schermi del nostro paese, abbiamo una protagonista femminile che porta l’hijab. Andiamo oltre ed entriamo nella quotidianità di un mondo che spesso ci è sconosciuto, ci decentralizziamo e ci ritroviamo nei panni di Sana così da poterla capire meglio. Non sono solo dieci puntate ma dieci esperienze di una vita che spesso non viene rappresentata dai media.
Le origini di Skam
Partiamo, però, dall’inizio. Skam è una web-serie drammatica uscita originariamente in Norvegia, nel 2015. La serie ha avuto un grande successo, a tal punto che altri paesi hanno creato dei remake di Skam e tra questi abbiamo, per l’appunto, Skam Italia.
Ma perché Skam?
Skam è un termine norvegese traducibile con “vergogna”. All’inizio ho specificato che la serie è composta da quattro stagioni e ognuna di queste si concentra su un personaggio diverso affrontando i suoi disagi, i suoi problemi, le sue “vergogne”. Ed ecco che qui comprendiamo il significato del titolo.
Sana, un ponte tra due culture
La storia di Sana è un valido modo per capire una cultura e una religione con la quale non sempre si ha la possibilità di entrare in contatto. Il regista e sceneggiatore Ludovico Bessegato ha prestato particolare attenzione nel riproporre la quotidianità di una ragazza islamica cresciuta a Roma. Durante le riprese della quarta stagione, infatti, l’attrice Beatrice Bruschi è stata affiancata da Sumaya Abdel Qader con lo scopo di poter comprendere meglio l’Islam e di interpretare il personaggio nella maniera più fedele possibile. In diversi momenti vediamo Sana intenta a pregare, leggere il Corano (libro sacro dei musulmani) e a praticare il digiuno durante il mese del Ramadan.
Lungo questo viaggio esploriamo i diversi lati di Sana e scopriamo che non è poi così diversa dalle sue coetanee. Le sue esperienze, paure, gioie, ansie coincidono con quelle di una qualunque ragazza alle prese con l’adolescenza: i primi amori, le prime delusioni, le speranze per il futuro. Scopriamo anche che il velo può essere una scelta femminista (come Sana stessa dice in una scena), che i pregiudizi li ha anche lei verso chi professa una fede diversa dalla sua o chi non professa affatto, che ha paura di innamorarsi di un non-musulmano ma a volte vale la pena di correre il rischio e stare a vedere come andrà a finire.
Come ogni giovane ragazza che sta per entrare nel mondo degli adulti anche Sana ha bisogno di qualcuno su cui contare e spesso si affida agli amici, alla famiglia e in particolare al fratello. All’inizio, però, sta ben attenta nel tenere questi due mondi -le amicizie italiane da una parte e i familiari dall’altra- separati come se avesse paura di far incontrare il suo lato italiano con quello tunisino e quando succede la sua realtà pare andare in pezzi. La svolta avviene quando, a metà del suo percorso di crescita, capisce che deve raccogliere quei pezzi e rimetterli insieme senza dividerli perché lei non è o solo la ragazza con l’hijab o solo la ragazza che cerca d’integrarsi con i suoi compagni di scuola, bensì è entrambe le cose e molto altro ancora. Quindi decide di cambiare il suo comportamento nei confronti degli altri. Verso le ultime puntate, infatti, vediamo una Sana più serena, meno rigida, che smette di tenere sempre alta la guardia e che pare essere più sicura.
Sana cambia (o cresce) e arriva ad accettare tutti gli aspetti della sua vita senza nasconderli o moderarli e lo dimostra invitando i suoi compagni non-musulmani alla tradizionale festa, nota come Eid al-Fitr, che si celebra dopo la fine del periodo di digiuno. Così permette a tutti i lati della sua vita di mescolarsi e scopre che il risultato è un’integrazione tanto imperfetta quanto bella.
Questa stagione è degna di nota perché molte adolescenti musulmane nate e/o cresciute in Italia si sono riviste nella parte interpretata da Beatrice Bruschi e non si tratta di una parte stereotipata o distorta ma bensì di una rappresentazione che ha cercato di essere il più veritiera e fedele possibile alla realtà. Skam Italia, in conclusione, dimostra che nessun tipo di velo può ostacolare l’integrazione.
Articolo a cura di Areeba Aksar
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