La prospettiva di una minoranza in Cina: i musulmani
Sì, effettivamente fu proprio la Cina ed essere la patria natale di quella dottrina sviluppatasi dagli insegnamenti di Confucio che, 500 anni prima della nascita di Gesù, smuoveva una nazione stravolta da episodi di corruzione. Fu un vero e proprio richiamo all’umanità intesa come la benevolenza che un uomo dovrebbe mostrare verso i suoi simili. Tutto questo ebbe la sua importanza: il confucianesimo è ancora oggi una delle dottrine maggiormente seguite dalla popolazione. Tuttavia, essendo la Cina un paese con un territorio nazionale 32 volte più grande dell’Italia, presenta una miriade di etnie che sicuramente hanno la loro importanza sociale. Una minoranza per eccellenza in Cina è sicuramente quella dei musulmani. Ne analizziamo qui due gruppi chiave: Uiguri e Hui.
Ma perché parliamo di loro? Sono poche le minoranze che trovano oggigiorno spazio nei nostri media e spesso rappresentano delle meteore facilmente dimenticate dal resto della popolazione. Curdi in Turchia, Yazidi in Iraq, Rohingya in Birmania o Musulmani in Cina… le vicende sono certamente diverse come anche le basi etniche, culturali o religiose di questi gruppi ma un minimo comune denominare accomuna le storie di queste persone: la voglia di essere riconosciute.
Attualmente si contano 23.000 di musulmani in Cina su una popolazione che supera il miliardo di abitanti; è l’equivalente dell’1.7% della popolazione. Nonostante la percentuale possa sembrare irrisoria, in alcune realtà la presenza musulmana è determinante. Situata nel nord del paese, Linxia City è ad esempio soprannominata la piccola mecca cinese ed il 60% della popolazione professa la religione islamica. Moschee, ristoranti halal, che servono cioè solo cibi e bevande consentiti ai musulmani, e donne velate sono qui la consuetudine. Esistono in Cina 10 gruppi a maggioranza musulmana sia sciiti che sunniti, sparsi su tutto il territorio nazionale come mostrato nella mappa.
Una maggioranza nella minoranza: gli Hui
Gli Hui sono 10.5 milioni e rappresentano il gruppo musulmano più grande in Cina. L’etnia Hui abita attualmente diverse provincie fra cui Ningxia e Gansu. Storicamente ha sempre beneficiato di una certa autonomia anche se in tempi più recenti questo gruppo ha avuto la capacità di fare proprie alcune caratteristiche tipiche della cultura tradizionale cinese mescolandole con quelle dell’Islam. Spesso ci si riferisce a questo gruppo come gli Hui-Han data la loro capacità di assimilazione con il gruppo etnico maggioritario in Cina, gli Han appunto.
Pratica religiosa. Per gli Hui l’identità islamica e l’identità musulmana non sono esattamente la stessa cosa. Alcuni Hui iniziarono a mantenere un contatto sempre più vivo con il confucianesimo mentre altri evidenziarono con forza la propria cultura islamica. Per gli Hui che vivono in grandi città è molto più facile entrare in contato con il gruppo Han, che rappresenta il 91% della popolazione, piuttosto che con la religione musulmana. Tuttavia, ancora oggi esistono delle differenze fra gli Hui e gli Han come ad esempio le pratiche alimentari che vedono gli Hui adattarsi ai dettami islamici.
Essere musulmani non è sempre facile: gli uiguri
Uiguru significa unità o alleanza; questo gruppo parla una lingua che si scrive come l’arabo ed è di origine turca. Gli uiguri sono circa 10 milioni e vivono principalmente della regione Xinjiang. La maggioranza Han vede questa minoranza come primitiva e violenta ed il fatto che non parlano mandarino è visto come un fattore di arretratezza. Alcuni studi affermano che l’aspettativa di vita degli Uiguri è minore rispetto al resto della popolazione cinese (K. Blaine, 2014) come anche il livello di istruzione, il tasso occupazionale ed il reddito pro-capite.
Nel testo Under the hell of the dragon, il sociologo Kaltman Blaine riporta i risultati di 200 interviste effettuate fra la popolazione cinese nel 2014. La maggioranza degli intervistati Uiguri ammette il fatto che parlare mandarino rappresenta un’ottima chance per immettersi con successo nella società Han; nonostante questo gli stessi intervistati si oppongono all’apprendimento di una lingua vista come un’imposizione. Il 98% degli intervistati Han pensano d’altra parte che apprendere la lingua cinese sia fondamentale; alcuni affermano di non comprendere l’avversione degli Uiguri nei confronti della lingua mandarina, ipotizzando che forse queste persone sono troppo pigre per impararla.
Educazione. Il 99% degli intervistati Han afferma che l’educazione in Cina sta migliorando. Gli Han pensano che in generale tutte le minoranze hanno le stesse possibilità del resto della popolazione e che l’unica discrepanza riguarda il sistema educativo nelle aree rurali. L’impressione degli Uiguri è invece che le loro possibilità siano decisamente minori rispetto agli Han; alcuni pensano che nella regione dello Xinjiang le istituzioni scolastiche di secondo livello siano poche e di peggiore qualità.
Conclusioni
L’islam contribuisce a colorare il mosaico religioso cinese dove si mescolano confucianesimo, buddismo, taoismo e cristianesimo. La storia, le origini e lo spostamento della popolazione hanno contribuito a stimolare la convivenza fra i differenti credi modellando la società verso il riconoscimento di un aspetto che ad oggi non può che essere considerato come un dato di fatto: le nostre case, le nostre vie, i nostri spazi sono intrinsecamente multiculturali e, se ci pensiamo bene, lo sono sempre stati. La capacità di istituzioni e cittadini, non solo cinesi, è allora quella di accettare l’incontro con l’Altro con l’auspicio di lasciarsi entusiasmare da esso cogliendo quanto di più arricchente l’incontro multiculturale può regalare. Un augurio questo che possiamo trovare vivo fra le parole di una delle poesie di Rumi, poeta mistico di origine persiana, che invita all’amore ed alla convivenza pacifica.
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