In occasione della pubblicazione del nuovo album, Simulation Theory, in uscita il prossimo 9 novembre, abbiamo intervistato Chris Wolstenholme, bassista dei Muse. Ecco cosa ci ha raccontato:
Ciao Chris, una domanda su Simulation Theory, il vostro nuovo album, e ciò che significa per voi come band: chi sono i Muse oggi, a vent’anni dal debutto?
Simulation Theory viene in parte da quei giorni, dai tempi di Showbiz (ndr: il primo album dei Muse), era una sorta di lavoro anti-Drones. Penso che l’idea dietro Drones, il nostro ultimo album, fosse raccontare di qualcuno che, in qualche modo, si sentiva intrappolato in una sorta di realtà manipolata; Simulation Theory, al contrario, riguarda la fuga da quel mondo! Drones parlava molto di tecnologia e del modo in cui il virtuale ha preso il sopravvento, Simulation Theory è il ritorno alla ricerca di quell’umanità che abbiamo perso.
Credo che la nostra quotidianità sia una sorta di teoria della simulazione perché la tecnologia è tanto presente da impedirci di vivere la vita vera, il mondo vero, per la maggior parte dell’esistenza. Sai quanto tempo passiamo con un cellulare in mano o davanti allo schermo di un computer? Anche gran parte del modo in cui comunichiamo oggi passa attraverso queste tecnologie ma non è veramente reale. È un aspetto molto evidente nei bambini, anche nei miei figli: la capacità di intrattenere una conversazione sembra essersi ridotta all’osso perché gran parte delle loro attività sociali sono portate avanti nel mondo virtuale, dei social. Penso che l’album parli di questo, che i Muse siano questo oggi, in perenna ricerca di umanità, del contatto umano.
A proposito di questo, volevo parlarti dei video musicali che avete già pubblicato: il mondo in cui sono ambientati richiama fortemente un universo che ricorda Blade Runner. Non è in contrasto con quello che mi hai appena raccontato? Come siete arrivati a creare quel tipo di immaginario?
Quel tipo di immaginario, la parte grafica di Simulation Theory, è stata influenzata dalla musica. L’album è stato registrato nel corso di due anni, non tutto in un’unica sessione; abbiamo lavorato alle singole canzoni e ciò ci ha permesso di concentrarci maggiormente sull’aspetto visivo dell’album, la cover (ndr: della quale esistono tre versioni, disegnate dagli autori dei poster promozionali di Stranger Things e Star Wars) e i video. La musica per noi ha il colore degli anni ‘80 e abbiamo discusso molto sul fatto che, nonostante la maggior parte delle persone ci assocerebbe agli anni ‘90, le nostre principali ispirazioni vengono dal decennio precedente. Le prime esperienze di ascolto musicale vengono da quegli anni, quando eravamo piccoli e sentivamo la canzoni che piacevano ai nostri genitori, quelle che passavano alla radio o nei film. Era importante che la nostra musica attraversasse quella realtà, perchè ciò che amiamo, i film che guardo, lo stesso Blade Runner, ciò di cui parlerò ai miei figli, vengono da lì. Non avevamo mai visto le cose da questa prospettiva prima, non ne avevamo mai parlato, ma ci sembrava giusto affrontarlo ora e dare giusto spazio al contenuto visivo nei video e nella copertina dell’album, che si combina alla perfezione con il modo in cui Simulation Theory suona.
Parlando proprio del sound di Simulation Theory: tra i produttori figura anche Timbaland, quanto ha influito il suo lavoro sul suono dei Muse?
Sicuramente ha avuto una forte influenza! In generale credo che abbiamo sempre cercato nuove ispirazioni al di fuori della musica rock, forse non così tanto per il primo album ma sicuramente da Origin Of Simmetry in avanti. Ci piace essere una rock band, tre ragazzi con tre strumenti, ma ciò ci limiterebbe molto a livello musicale se non cercassimo di andare oltre i confini di quella definizione. Penso che nella carriera dei Muse si siano sempre cercate altre ispirazioni da portare nella nostra musica; se penso ai nostri primi tempi come band c’era una forte ispirazione classica, come in Space Dementia e Citizen Erased, dove c’erano dei lunghi momenti di solo piano; tutto ciò si è sviluppato molto in Absolution, dove abbiamo introdotto delle sessioni di archi. Con Black Holes And Revelations abbiamo cercato per la prima volta di esplorare l’aspetto più tecnologico della musica, è chiaro in Supermassive Black Hole.
È molto difficile intraprendere la strada dell’elettronica senza aver prima ascoltato cosa fanno altri musicisti con quelle sonorità, perchè sarebbe impossibile iniziare dal nulla correndo il rischio di produrre qualcosa che alla gente non suonerà mai familiare. Io, Matt (Bellamy) e Dom (Howard) siamo sempre stati interessati non solo alla scrittura dei brani e alla performance, ma anche alla tecnologia che sta dietro la composizione. È molto interessante vedere persone che lavorano più con hip hop e EDM o altri generi musicali, il modo in cui si approcciano al nostro mondo, a come suoniamo noi con chitarra, basso, batteria. Non abbiamo mai visto queste barriere nella musica e non credo che il rock debba essere solo rock e non possa avere influenze elettroniche: se vuoi fare qualcosa di innovativo e originale devi provare ad abbracciare più modi di fare musica possibili! So che Dom, ad esempio, ascolta molto hip hop e ognuno di noi ama un’ampia varietà di musica; non penso che tra noi qualcuno possa definirsi esperto in qualcosa nello specifico, ma negli ultimi 15 anni non ho mai provato a limitarmi a quello che ascoltavo perchè sono certo che ci sia qualcosa da imparare anche in quello che non mi piace!
Considerato questo vostro doppio rapporto con la tecnologia: avete intenzione di portare qualche elemento tecnologico sul palco con voi per il prossimo tour?
Sicuramente lo faremo! Una cosa di cui abbiamo discusso rispetto a questo album è l’allontanamento dalla tecnologia, perciò siamo molto interessati ad avere molti musicisti sul palco. Penso che il Drones Tour abbia portato veramente tanta tecnologia nelle nostre performance e come band noi non l’abbiamo vissuta come l’ha vissuta il pubblico! Trovo che sia piuttosto difficile ora non fare quello che abbiamo fatto in quel tour. Ricordo che durante le prove degli show vedevo i droni volare attorno alla stanza perchè una grossa parte della performance era legata a quel particolare aspetto del concerto. Pensavo: “Wow, è una cosa da pazzi!”.
Sarà magico tornare a fare quello che facevamo prima di Drones e abbiamo pensato di portare più elementi “umani” negli show, cosa che si ricollega ad alcuni temi che abbiamo trattato nell’album, e speriamo di riuscire a rendere tutto più teatrale piuttosto che tecnologico.
Avete intenzione di rilasciare altri video per i brani di Simulation Theory?
Penso che l’idea sia di fare un video per ogni brano. Ciò che volevamo fare dall’inizio della produzione di Simulation Theory è trattarlo meno come un album musicale e dare ampio spazio ed importanza ad ogni singola traccia. Credo che negli ultimi cinque, dieci anni l’importanza dell’album come prodotto unitario sia diminuita molto e ci sia molta più enfasi sulle canzoni perchè è il modo in cui la gente ascolta musica oggi. Ciò che conta, quando devi produrre un album, è che ogni traccia abbia un suo significato e una sua importanza, quindi perchè un brano dovrebbe avere un video e uno no?
Quindi possiamo immaginare che alla fine avremo una sorta di film su Simulation Theory!
Si, è possibile, vedremo cosa succederà!
Di seguito trovate l’audio dell’intervista completa a Chris Wolstenholme:
Ringraziamo Andrea Calaminici per il supporto tecnico durante l’intervista
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