“Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte…”
Gianni Morandi – Fatti mandare dalla Mamma
“Mamma, solo per te la mia canzone vola…”
Claudio Villa – Mamma
“Viva la mamma, affezionata a quella gonna un po’ lunga/così elegantemente anni ’50…”
Edoardo Bennato – Viva la Mamma
“…Mama’s gonna make all of your nightmares come true
Mama’s gonna put all of her fears into you
Mama’s gonna keep you right here under her wing
she won’t let you fly but she might let you sing…”
Mother – Pink Floyd
Gianni Morandi, Claudio Villa, Edoardo Bennato, Pink Floyd.
Sono solo alcuni dei cantanti e dei gruppi musicali che hanno dedicato una canzone ad una figura importante come la mamma. Questo pone la ricorrenza sotto una lente ancora più dettagliata: se il frontman dei Pink Floyd le ha riservato un’intera esibizione, perché facciamo fatica a ricordare il giorno designato per elogiarla?
Siamo forse così pieni di impegni (ragazzi, Netflix e Spotify non contano) da dimenticarci che – dal 2000 in poi – è stata ufficialmente decisa la data della festa della mamma: la seconda domenica di maggio (e non l’8 maggio, come spesso si festeggiò prima di tale data). Dal 2000 ad ora, le cose sono migliorate da questo punto di vista, perché anche la maggior parte delle mamme lavoratrici ha potuto, può e potrà trascorrere questo giorno con i propri affetti. Affetti e non “figli” è voluto: non è (solo) un bambino che ti rende madre, ma è l’amore e la dedizione che offri senza pretendere in cambio nulla, se non che lui, lei o loro stiano bene.
A livello etimologico, con augùrio s’intende la previsione di eventi buoni o cattivi; ma anche il desiderio che accada qualcosa di positivo. Nel linguaggio comune, utilizziamo questo termine al plurale per fare, mandare, inviare gli auguri per gli eventi maggiormente carichi di importanza.
Mi stavo domandando, quindi, se in questo giorno celebrativo il termine “auguri” verso le proprie madri non fosse riduttivo. Uno degli errori che facciamo quando vogliamo davvero bene a qualcuno, è quello di darlo per scontato. Di non dirgli quello che proviamo perché “tanto lo sa”. Di non fare qualcosa perché “ci sarà sempre”. Tutto ciò potrebbe anche essere vero, ma non sempre la verità e il giusto coincidono. Crediamo che la routine che ci fa comodo sia eterna e che eventuali situazioni capitino “agli altri”.
E se, prima di quanto pensassimo, quegli “altri” fossimo proprio noi? Quanto e cosa daremmo per dire anche solo una parola a chi ci ha permesso di essere qui, adesso?
Per dire… grazie?
Grazie a te, mamma che stai fuori casa 12 ore al giorno per non far conoscere la fame ai tuoi bambini.
Grazie a te, mamma dai capelli argento, che chiami almeno una volta al giorno per assicurarti che vada tutto bene: può vacillare la tua andatura, ma non il tuo ruolo.
Grazie a te, che ancora non sei madre ma lo sarai presto, e ti lasci andare alla paura e alla gioia di conoscere quel pezzo di cuore che prenderà la forma dell’amore.
Grazie a te, che non hai avuto la possibilità di avere un esempio al quale affidarti, ma questo non ti impedisce di essere la madre che sei, sempre e comunque.
Grazie a te, che hai scelto di essere madre da lontano, accettando il dolore pur di regalare un futuro migliore alla parte più innocente di te.
Grazie a te, che non potendo essere “mamma” nella sua ottica più convenzionale, assumi altre forme e ti carichi la responsabilità di donare amore incondizionato a chi ne ha bisogno.
Grazie a te, che da lassù vegli e proteggi chi sente la tua mancanza ogni giorno, con cui ha imparato a convivere, rifugiandosi tra i più dolci e amari ricordi.
Grazie a te, mamma che non pretendi, non imponi, non obblighi ma ti prodighi, consigli, accetti. Spalla su cui piangere, sfogare rabbia, gioire delle piccole cose e meravigliarsi di quelle grandi, che sempre auguri di raggiungere presto.
Grazie, mamme.
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