Artista poliedrico, alla ricerca di nuove sonorità, Mannarino è uno degli artisti che più si sta facendo largo nella scena italiana e noi di RadioBicocca siamo riusciti ad intervistarlo in occasione dell’uscita del nuovo album Apriti Cielo.
Nel tuo ultimo disco ci sono molte influenze di musica sudamericana, quanto pensi che sia importante per un cantautore poter viaggiare e conoscere altre culture?
E’ vitale,la musica è in qualche modo l’arte dell’incontro, linguaggio universale quindi anche se non parli la stessa lingua e sei di nazionalità diversa puoi benissimo confrontarti e avere un rapporto artistico. Tra l’altro è un arte in cui ci si può unire anche senza parole e non si può fingere, perché le cose musicalmente o funzionano, o non funzionano. In questo mio ultimo disco mi sono proprio ispirato a questo modo di vedere le cose, il viaggio è stato importante, sia quello fisico che la ricerca fatta a casa. Riguardo all’incontro, basti pensare alla musica brasiliana che ha unito armonie della musica classica ai tamburi africani quindi ha trasformato lo scontro tra padroni e schiavi, bianchi e neri in qualcos’altro, la musica più triste e felice del mondo, che è quella del Carnevale. La prima marcia di Carnevale l’ha scritta Chiquinha Gonzaga a fine Ottocento, che era la figlia mulatta di un colonnello dell’armata imperiale e di una nera schiava.
Per quanto riguarda invece le tematiche che tratti nelle tue canzoni, ho visto che molto spesso i tuoi testi raccontano di persone umili con storie semplici in grandi città, così come ha fatto il cinema Neorealista italiano negli anni ’50. Potresti quindi definire la tua musica come Neorealista?
Sicuramente c’è una grande influenza da questo sguardo sul mondo, ho sempre cercato fin dall’inizio di non essere elitario e di fuggire da intellettualismi sterili ed astratti, non mi metto a perdere tempo con ciò che può essere solamente forma o che si può riferire solamente ad una nicchia.
Roma invece è uno degli argomenti più citati e ricorrenti nei tuoi dischi, una città eterna insomma, nonostante ormai sia in una fase di, diciamo, declino. Credi che ci siano però ancora storie da raccontare su di lei?
Il declino è sicuramente una delle storie più raccontate, anche se io non ci vedo un declino fine a sé stesso, ci vedo una crisi. Così come le persone, anche le città possono vivere ere di crisi. La crisi può essere di due modi: quella mortale, cieca e vista come fine immaginabile e poi c’è la crisi di trasformazione, quella per cui arrivi a mettere in discussione tutto il sistema e puoi costruire qualcos’altro, e questo dipende dalle risorse vitali di chi vive questa crisi. In questo album sono andato a cercare molti colori anche in posti lontani proprio per affrontare questa crisi, per trovare la vitalità della reazione. Forse bisogna avere il coraggio di guardare in faccia la tristezza e di affrontarla, così da trasformarla in qualcos’altro.
Ringraziamo ancora Mannarino per la sua collaborazione a nome di RadioBicocca e dell’Università e vi lasciamo con i suoi contatti:
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