Era sui giovani che Paolo riponeva le proprie speranze, continuate a combattere!
Salvatore Borsellino ha incontrato il 16 ottobre scorso gli studenti dell’Università’ degli Studi Milano-Bicocca per raccontare la storia del fratello Paolo, il Magistrato ucciso nella strage in via D’Amelio a Palermo il 19 luglio 1992.
Il primo saluto ad un’aula magna gremita e in trepidante attesa, è stato quello della neo Rettrice Giovanna Iannantuoni che ha ricordato anche la prima donna facente parte della scorta di un magistrato, Emanuela Loi, uccisa insieme agli altri agenti della Polizia di Stato (Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina), che proteggevano Paolo Borsellino.
Sarà proprio Salvatore Borsellino, durante la sua testimonianza, a ricordare tutti i nomi dei giovani che vivevano con suo fratello Paolo il peso di chi non è libero pur lottando per la libertà di una nazione contro, la criminalità organizzata. Uomini e donne senza nome, che troppo spesso vengono ricordati con il solo termine di “Scorta”. Questi uomini e queste donne sono Angeli custodi e lottano insieme a coloro che combattono come se si fosse in guerra. La stessa guerra che ha combattuto il Giudice Borsellino e che lo ha strappato prematuramente alla sua famiglia, un soldato sempre in prima linea, caduto – “…lasciando delle profonde ferite in tutta la Nazione” – come ha affermato il Dottor Giovanni Iorio, Professore ordinario di Istituzioni di Diritto Privato presso il Dipartimento dei Sistemi Giuridici dell’Università di Milano-Bicocca, il quale ha preso parte all’incontro.
Il Professor Iorio ha sottolineato come, le stragi legate agli attentati ai danni del Giudice Falcone e del Giudice Borsellino, abbiano caratterizzato la vita di ognuno e si stupisce del fatto, che quando si parla della trattativa Stato-mafia, quest’ultima parola venga scritta con la lettera maiuscola come se una organizzazione criminale avesse un’improvvisa legittimazione ad esistere e a trattare con lo Stato.
Le verità celate, legate al processo sulla morte del Giudice Paolo Borsellino, ancora oggi a distanza di 27 anni dal suo omicidio sono tante e sono soprattutto riconducibili alla famosa, Agenda Rossa, dove sono riportati molti dei fatti effettivamente accaduti in merito al patto “Stato-mafia”. Nella stessa agenda, sparita il giorno dell’attentato in cui uomini e donne innocenti hanno tragicamente perso la vita, il magistrato aggiornava costantemente il corso delle indagini.
Salvatore racconta come, prima con il processo presso la corte di Assise di Palermo e poi di Caltanissetta, si sia giuridicamente accertato che, sulle indagini di via D’Amelio c’è stato uno dei più gravi episodi di depistaggio della storia giudiziaria italiana. Impossibile non commuoversi dopo aver ascoltato un racconto così toccante. Un uomo, che lotta da 27 anni per portare alla luce tutta la verità su una storia così inverosimile, ma reale.
La sala, piena di studenti, è rimasta in assoluto silenzio durante le oltre 2 ore di testimonianza di Salvatore, che è riuscito a descrivere con dolcezza Paolo Borsellino, il suo profondo amore per la famiglia, la giustizia e la sua passione per il lavoro. Svolgeva con una dedizione smisurata i suoi compiti, per regalare un futuro migliore al Paese e ai giovani nei quali credeva tanto. Proprio alle nuove generazioni si rivolge qualche ora prima di morire quella domenica mattina di un lontano 19 luglio, rispondendo alla lettera di un liceo di Padova presso il quale avrebbe dovuto recarsi in visita. Paolo sapeva che il momento di andarsene per sempre stava arrivando, visto il punto a cui erano arrivate le indagini sul Maxi processo di mafia e ciò nonostante, alla fine della lettera agli studenti aveva scritto: “…sono ottimista!” .
Con le indagini del Pool Antimafia di Palermo, via via che la giustizia faceva il suo corso, nasceva ottimismo. I ragazzi siciliani e non, avevano iniziato ad avere un’attenzione ben diversa nei confronti della criminalità, rispetto ad una colpevole indifferenza che anche lui mantenne fino all’età di 40 anni, prima di ricevere gli incarichi che lo hanno portato a diventare uno dei magistrati più importanti della storia italiana. Propro questo suo rammarico per essere stato indifferente, incolpandosi in prima persona, lo ha fatto diventare un grande esempio e lo sarà anche per le generazioni future
L’esortazione agli studenti in sala da parte di Salvatore è quella di non stancarsi – “Non siate colpevoli di indifferenza e continuate a combattere, non aspettate che ci sia qualcun altro che lo faccia per voi!”. Il messaggio: “Non arrendersi al nemico perchè, la partita è ancora aperta, non finisce il giorno della morte di Paolo, ma è invece in quel momento che comincia“.
“Il nostro compito è di tenere viva la memoria, ma senza accontentarci. Dobbiamo capire ed impegnarci in prima persona. Noi abbiamo un dovere: non accettare e non rassegnarsi ad uno sterile esercizio retorico del ricordo. Abbiamo il dovere di completare un percorso di verità che è iniziato da anni” – è la frase pronunciata da Alessandro Rindone, rappresentante dell’associazione studentesca Liste di sinistra, organizzatrice della conferenza.
Ciò che Paolo Borsellino ha portato avanti con tenacia in ogni istante della sua vita fino al giorno in cui è stato uscciso davanti casa di sua madre, è un sogno d’amore, che rivive ancora oggi grazie all’esempio del suo grande sacrificio e nelle parole del fratello Salvatore: “Se Paolo un giorno vincerà è perchè ha sacrificato la sua vita e l’ha sacrificata per amore“.
Lo stesso magistrato sosteneva che: “Il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare”.
Articolo a cura di Graziana Migliozzi
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