A pochi giorni dalla chiusura dell’Eurovision, tenutosi a Lisbona dall’8 al 12 maggio 2018, la musica invita ad una riflessione che forse si estende oltre ai suoni, alle luci ed allo spettacolo giunti fino a noi dal palco portoghese.
La vincitrice di questa edizione è l’israeliana Netta Barzilai con il suo brano Toy, inno alla libertà delle donne ed al loro coraggio di sganciarsi dall’immagine di donna oggetto a volte veicolato e soprattutto assimilato nella società occidentale. Il movimento femminista #MeToo che si batte per le violenze e le molestie contro le donne trova forse nella giovane artista una nuova alleata.
Coloratissima nel suo kimono, Netta lancia il suo messaggio impersonando una Geisha fra provocazioni ed umorismo. Rimane da capire quanto la scelta di rappresentare una giovane ragazza giapponese attraente e tradizionalmente educata alla cultura dell’intrattenimento a favore di una società di dominio maschile sia una provocazione oppure un’intrinseca contraddizione.
Il presidente Netanyahu festeggia insieme alla compatriotta e a poche ore dal trionfo si affretta a confermare che, come da tradizione, l’Eurovision per prossimo anno si terrà a Gerusalemme con una dichiarazione a metà fra spettacolo e politica.
La partecipazione di Netta non è mai stata slegata dal complesso background israelo-palestinese che inevitabilmente, anche senza volere, l’artista rappresenta. Il movimento globale de Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro le politiche israeliane invitava a “a non assegnare nessun punto a Israele e a questa canzone che viene da uno Stato dove c’è l’Apartheid”.
Forse incurante della possibilità di veicolare il messaggio di donna-oggetto tanto caro alla vincitrice del festival, Eleni Foureira si aggiudica la medaglia d’argento rappresentando Cipro con un’esibizione sensuale, esuberante ed eccentrica. Con un testo ricco di vocalizzi ed un po’ meno di significato, la cantante si contraddistingue per la sua lotta identitaria che l’accompagna sino al palco.
Di origini albanesi, giunge in Grecia a causa dei conflitti in corso negli anni ‘90 nell’area dei Balcani. La sua passione per la musica la spinge a cercare il successo cambiando il cognome nella speranza che un tocco sud americano la possa proteggere da possibili attacchi razzisti, speranza forse che continua ad alimentare con il brano presentato in gara ed intitolato fuego.
Tenta di raggiungere l’Eurovision per alcuni anni con la sua nazione adottiva fino a quando Cipro non la selezionerà per l’anno 2018. La piccola Repubblica, con la sua storia travagliata ed un’identità così ancora da definire, fra spinte nazionaliste, greche e Turche sceglie la sensuale artista per portare colore e ritmo sul palco.
Il terzo posto è aggiudicato ai suoni romantici e nostalgici di nobody but you del giovane austriaco Cesár Sampson il quale partecipa all’Eurovision come cantante dopo alcuni impegni per la stessa manifestazione in qualità di produttore e paroliere per nazioni quali Bulgaria, Serbia e Macedonia. Porta a casa un quarto posto Michael Schulte con il brano You let me walk alone. La Germania è l’unico paese che fedelmente ogni anno presenta una canzone come candidata per l’Eurovision sin dalla prima edizione nel 1956; Michael riesce così a mantenere in alto l’onore tedesco.
Degna di nota è sicuramente la performance italiana degli artisti Meta e Moro che si piazzano al quinto posto con il brano Non mi avete fatto niente. I due, dopo aver trionfato al 68^ Festival di Sanremo, ottengono la possibilità di lanciare il loro messaggio di pace ad una platea molto più amplia.
La speranza della vincitrice di quest’anno, che sogna di “far ballare l’Europa con la sua musica”, carica d’illusione ed entusiasmo l’attesa per la 64° edizione diEurovision 2019, convinti che nella musica quello che conta non sono solo le note e gli acuti raggiunti quanto il messaggio e lo spirito con cui prendono vita i suoni.
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