“STEM è sexy: perchè scienza, tecnologia, ingegneria, matematica sono i nuovi territori delle ragazze” si legge sulla copertina del numero di dicembre 2021 di un noto magazine italiano che tratta di “moda, bellezza, design e cultura”. Nel tentativo di omaggiare la libertà femminile, il settimanale, in edicola nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, dimentica che la cultura della sessualizzazione del mondo delle donne passa anche attraverso le parole.
Perchè “STEM è sexy” è un problema anche italiano
STEM è l’acronimo che sta a denotare tutti quei campi di studio che fanno riferimento alle macro aree di scienza, tecnologia, ingegneria e matematica. Una ricerca sull’occupazione femminile nel settore scientifico dipinge l’Italia come fanalino di coda d’Europa per numero di donne che trovano lavoro in questi campi. Tre punti percentuali sotto la media del continente bastano a fotografare una situazione complessa dal punto di vista lavorativo e, forse ancor di più, culturale.
Non è solo una questione prettamente occupazionale: la stessa ricerca sposta il focus sulle iscrizioni femminili ai corsi di studio universitari in tutto il mondo. ENEL evidenzia che solo il 30% di tutte le studentesse sceglie il tech come proprio percorso accademico; solo l’8% opta invece per matematica, statistica e informatica. Sarà che le ragazze sono meno portate alle materie scientifiche?
È lo stesso Grazia a spiegare che su settemila adulti il 19% delle donne e il 25% degli uomini credono che le carriere STEM siano più adatte al mondo maschile. Badate bene, però, non c’è fondamento scientifico in questa supposizione: nei test matematici e scientifici le ragazze continuano a ottenere i risultati migliori. Non è una profezia che si autoavvera, quella che spinge noi studentesse a credere di non essere preparate ad affrontare con successo un universo STEM. Siamo comunque brave, preparate e competenti, ma siamo anche donne e in quanto tali abbiamo imparato che quelle cose da uomini non devono fare anche per noi.
È che, in fondo, siamo cresciute così, con l’idea che l’impegno, il lavoro, la passione non bastino a scrivere la parola scienza anche nel nostro DNA.
La sessualizzazione passa anche dal linguaggio
Se Grazia sceglie di titolare “STEM è sexy” in copertina di un numero celebrativo della figura femminile, non è solo una questione editoriale. Il titolo dell’articolo, quello vero, è “Le ragazze vincenti scelgono l’innovazione“; serve davvero domandarsi perchè abbiano scelto parole diverse da mettere in mostra sulle vetrine di tutta Italia?
Lo stereotipo della donna nella scienze, si sa, non ricalca per aspetto e portamento Natalie Portman (che peraltro pare avere un QI di 140); diciamolo, quindi, che viviamo ancora in una cultura che, nel tentativo di valorizzare un successo femminile, sposta l’attenzione del discorso sull’estetica e sul fisico: bella, non brava, sexy, non intelligente. La pessima scelta linguistica dell’editor di Grazia prova che la cultura della sessualizzazione, nella quale l’Italia detiene un riprovevole primato, passa in primis dalle parole che usiamo.
Parlare di donne non è parlare di corpi; può esserlo, certo, ma con la consapevolezza che tra i due mondi non vi è alcuna implicazione. È vero soprattutto quando lo snodo centrale del discorso è sostenere la libertà femminile di autodeterminarsi: io sono una donna, posso essere madre – ma non devo esserlo – tanto quanto posso essere ingegnere, informatica, matematica o astronauta. Posso amare prendermi cura del mio corpo, indossare sneakers e tacchi alti, fare sport, avere un hobby, senza dover correre il rischio di vedere il mio valore scientifico sminuito, o peggio, annullato perchè scelgo di essere femminile in un mondo di uomini.
Io, che a venticinque anni mi trovo a far parte di quel 3% di ragazze in tutto il mondo che studia e ha un’occupazione nel campo informatico, rivendico il diritto di essere vista, ascoltata, creduta. La verità è che STEM non è sexy, essere scienziata non mi rende meno donna ed essere scienziata donna non mi rende meno brava di un collega, uomo.
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