Il rapper torinese Willie Peyote ha portato sul palco dell’Ariston un vero e proprio cavallo di Troia. Con la sua elegante giacca di velluto e paillettes ha presentato una critica attuale, pungente e senza sconti per niente e nessuno, neanche per lo stesso festival.
Il testo, il grido di una generazione inascoltata
Il brano è un racconto disilluso ma tutto sommato accurato del periodo che stiamo vivendo. Dalla prospettiva dell’autore, il testo inquadra le diverse manifestazioni della locura: le major musicali che premiano i numeri su tik-tok, il dibattito politico costruito a suon di meme, gli artisti che diventano meri ambassador di ricchi brand, l’immobilismo di una società incapace di riconoscere il marcio… Ce n’è per tutti!
Non mancano le frecciatine ad alcuni dei protagonisti del Festival sanremese “anche quando parlano l’autotune, tutti in costume come gli X-men“, “non ho capito in che modo twerkare vuol dire lottare contro il patriarcato” o ancora il riferimento alla leggendaria vicenda Bugo-Morgan.
Nel ritornello, Willie Peyote canta il grido di una generazione inascoltata, quella dei giovani, costretta ad adeguarsi all’incapacità politica della classe dirigente. Come degli artisti senza spazi per il live che devono imparare a palleggiare se vogliono usufruire dei pochi spazi aperti a loro concessi.
Quando la critica arriva dal palco
Le critiche al Festival della musica italiana, sono ormai parte integrante dello stesso, ma di solito provengono dall’esterno. A molti dei fan è suonato strano scoprire della sua partecipazione ed erano già pronti a dirsi delusi. Guglielmo infatti, ha sempre criticato e disprezzato l’ipocrisia dilagante su social e TV.
Un solo articolo non basterebbe per ripercorrere tutte le canzoni attraverso le quali ha raccontato le contraddizioni più assurde, le verità più scomode e il peggio della nostra società: da la dittatura dei non fumatori, a non sono un razzista ma…, da i Cani a Quando nessuno ti vede. Irriverenza, satira, denuncia, in lunguaggio diretto e senza troppi eufemismi. Insomma, cosa potrà mai c’entrare un artista del genere con una kermesse che usa la musica come copertura per un varietà superficiale, colmo di ipocrisia e falso progressismo ?!?! Ed è qui che si rivela il genio. Willie ha scelto il modo più furbo per comunicare il suo messaggio al di fuori della sua nicchia di estimatori: ha realizzato una canzone musicalmente coerente con il mercato mainstream, un testo fatto principalmente per citazioni e slogan, senza però denaturarsi completamente diventando Gabbani.
Ha impacchettato il tutto con un bel fiocchetto e si è presentato ad Amadeus, che distratto dalle paillettes si è fidato del prestigio del mittente (l’Universal Music Group, major dell’artista). E come un Ulisse contemporaneo, l’eroe del rap torinese è riuscito a portare sul palco la sua critica a tutto ciò che il festival rappresenta, senza destare sospetti, complice un sostanziale silenzio da parte delle principali testate giornalistiche, sempre pronte a massacrare qualunque artista che possa mettere a rischio lo status quo, infastidendo il pubblico troppo conservatore (così come avvenne per Junior Cally lo scorso anno).
Boris e La locura
La storia di questa serie TV merita un approfondimento, ma mi limiterò a ricordare che nell’ultimo anno è diventata un vero e proprio fenomeno sul web, presente con innumerevoli meme, GIF e citazioni. Il suo recente successo, dopo 11 anni dall’ultima messa in onda per FOX, ha spinto il produttore Lorenzo Mieli a realizzare un revival per Star, la nuova sezione di Disney+.
Questa è l’Italia del futuro: un paese di musichette, mentre fuori c’è la morte…
I riferimenti alla terza stagione dello sceneggiato sono almeno 3. Il brano in gara al festival è Mai Dire Mai, e il suo secondo titolo è La locura. Questa “locura” è il concetto attorno al quale ruota il monologo di Valerio Aprea, che nella serie interpreta uno dei 3 sceneggiatori. Aprea si sfoga in una riflessione sarcastica ma agrodolce, che oggi suona drammaticamente profetica, soprattutto considerando la frase che Willie estrapola per l’intro della canzone.
Il pubblico, la critica e la giuria demoscopica
Inaspettatamente, ma con mio grande piacere, la canzone è stata molto apprezzata ed oggi sono numerosissimi i critici e giornalisti che ne parlano in maniera positiva. Anche il pubblico ha dimostrato apprezzamento e la giuria demoscopica gli ha riconosciuto il 9° posto nella classifica generale provvisoria. Posizione per nulla scontata, per un rapper poco mainstream al suo debutto.
Non ci resta che fare i nostri più cari auguri a Guglielmo, ma comunque vada, chepeau!
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