Si parla molto della Tunisia ultimamente: sbarchi, profughi, attentati. Siete mai andati oltre le solite immagini trasmesse al telegiornale? Se la risposta è no, non siete poi diversi dalle persone che non si documentano prima di recarsi alle urne. Dovrebbe sorgere spontaneo il dubbio che magari non è solo uno Stato problematico sotto ogni punto di vista. In Un divano a Tunisi, la regista Manele Labidi Labbé ci convince che sì, è proprio così, un gran casino. Beh, anche se vi è andata bene questa volta e l’idea che vi siete fatti al riguardo era corretta, la prossima non esentatevi dall’approfondire, mi raccomando.
La protagonista, magistralmente interpretata da Golshifteh Farahani, vista in Pirati dei Caraibi – La vendetta di Salazar e Tyler Rake su Netflix, si scontra con la difficoltà dei tunisini di affermarsi in uno Stato povero e burocraticamente macchinoso reduce dalla primavera araba, e non solo, anche con la corruzione, le leggi islamiche, i pregiudizi religiosi e di genere. Incontrerà un Imam depresso, un panettiere in procinto di comprendere la sua omosessualità, una donna benestante che odia la madre, un uomo spiato dai servizi segreti tunisini incarcerato per cinque anni per aver espresso la sua opinione nel giardino di casa.
Trama: Selma è una donna forte e indipendente che decide di tornare in patria, la Tunisia, dove è rimasta fino a 10 anni di età, per aprire uno studio di psicanalisi sul tetto della casa degli zii. Dopo l’iniziale diffidenza dei cittadini, si ritrova sommersa dalla clientela tanto da avere l’agenda piena e da ritrovarsi un poliziotto ligio al dovere che la minaccia di far chiudere perché non le è stata ancora riconosciuta la licenza. Se riuscirà a ottenerla al più presto senza lasciare di nuovo in balia di sé stessi i suoi affezionati e bisognosi pazienti, dipende tutto dalla sua forza di volontà.
Un divano a Tunisi aiuta a riflettere alla tipica maniera della commedia francese, che ti strappa una risata per farti metabolizzare che dietro alle tue risa c’è del vero, e lo sai. Sebbene sia fatto bene, mi abbia fatto conoscere una realtà a cui non mi ero mai interessato e il tempo sia trascorso piacevolmente, non lo rivedrei due volte; il finale è un po’ deludente e va interpretato un po’ come ti pare. Tutto sommato, Radio Bicocca ve lo consiglia.
Sarà nelle sale italiane a partire dall’8 ottobre.
Buona visione.
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