A circa un anno dall’inizio del primo lockdown in Italia l’unico faro che ci permette di vedere un po’ di luce in fondo a questo tunnel è sicuramente la somministrazione del maggior numero di vaccini nel minor tempo possibile. E, proprio per questo motivo, l’informazione di questi ultimi mesi è sempre più focalizzata sull’andamento della campagna vaccinale e sulle somiglianze e differenze tra i diversi vaccini somministrati.
Attualmente i vaccini approvati dall’AIFA (Agenzia italiana del farmaco) sono quattro: Moderna, AstraZeneca, Comirnaty di Pfizer e Janssen di Johnson&Johnson approvato il 12 marzo scorso. Tutti e quattro sono stati studiati e realizzati per indurre una risposta immunitaria diretta contro Spike, proteina di superficie che permette ai virus SARS-CoV-2 di entrare e infettare le nostre cellule. Il target rimane lo stesso, ma questi quattro vaccini possono essere suddivisi in due gruppi a seconda della modalità in cui il sistema immunitario viene stimolato.
Vaccini a mRNA e vaccini a vettore virale
Il vaccino di Pfizer e quello di Moderna sono entrambi vaccini a mRNA. L’mRNA o acido ribonucleico messaggero non è altro che il materiale genetico in cui il nostro corpo trova abitualmente le informazioni per la sintesi di nuove proteine. In questo caso l’mRNA somministrato attraverso il vaccino contiene la “ricetta” per la sintesi della proteina Spike che, una volta prodotta, stimola il nostro sistema immunitario a produrre anticorpi specifici.
La proteina Spike da sola è innocua, ma gli anticorpi prodotti a seguito della vaccinazione, in caso di una nuova esposizione al virus, saranno in grado di riconoscere questa proteina presente sulla superficie del virus e di bloccare così il suo ingresso nelle cellule.
AstraZeneca e Janssen sono invece vaccini a vettore virale. In questo caso il codice che permette la sintesi della proteina Spike viene introdotto nel nostro corpo tramite un virus modificato per impedirne la replicazione e reso così innocuo. I virus utilizzati di solito sono gli Adenovirus (virus responsabili ad esempio del raffreddore) il cui materiale genetico viene modificato per portare l’informazione relativa al nuovo Coronavirus. Anche in questo caso il meccanismo di risposta è lo stesso: il sistema immunitario produrrà anticorpi specifici che proteggeranno i soggetti vaccinati dall’ingresso del virus.
Per saperne di più vi consigliamo di leggere attentamente tutte le pagine dedicate presenti sul sito dell’AIFA. Sullo stesso sito sono anche presenti una sezione dedicata alle segnalazioni delle reazioni avverse sospette e un’altra con le risposte alle domande più frequenti.
Efficacia
Prima di parlare di efficacia occorre fare una specifica sull’obiettivo con cui questi vaccini sono stati sviluppati. L’obiettivo a seguito della vaccinazione non è tanto quello di non essere contagiati bensì quello di non sviluppare la malattia nelle sue forme più gravi che costringono all’ospedalizzazione e al ricorso alla terapia intensiva. “Questo significa che quando leggiamo, ad esempio, che l’efficacia del vaccino di J&J è del 72% non significa che su 100 vaccinati 72 sono coperti e 28 no, significa che questo tipo di vaccino – come ha spiegato tramite storie Instagram la biotecnologa e divulgatrice Beatrice Mautino – abbassa del 72% il rischio di sviluppare i sintomi della malattia. Inoltre, tutti i dati di efficacia sono strettamente correlati ai paesi e quindi al tipo di varianti su cui sono stati condotti i trials clinici. Ad esempio, tutti i vaccini testati in presenza della variante africana hanno manifestato performance inferiori rispetto a quelle registrate dai trials clinici svolti in USA. Quindi se l’obiettivo della campagna vaccinale è quello di ridurre la pressione sanitaria, possiamo concludere che tutti i vaccini autorizzati dimostrano di avere efficacia paragonabile nel prevenire il decorso grave della malattia“.
Osservando, infatti, le percentuali relative all’efficacia contro le forme più gravi di Covid 19 si può vedere come tra i quattro vaccini c’è una minima differenza: tutti proteggono quasi al 100% dalle forme gravi della malattia. In più, dai dati finora disponibili, AstraZeneca, a differenza degli altri vaccini, sembra in grado di raggiungere questa efficacia del 100% a sole tre settimane dalla prima dose (qui un articolo che racconta gli ultimi sviluppi riguardo alle indagini su questo vaccino e le più recenti conferme riguardo alla sua efficacia).
E per quanto riguarda la diffusione del virus? “Dai trials clinici – continua Beatrice Mautino – non abbiamo dati riguardo alla riduzione della diffusione del virus, ma studi condotti sulle persone vaccinate in Israele e UK indicano che sembra esserci anche una riduzione consistente nella diffusione”.
Non conviene fare gli schizzinosi, coi vaccini
Ho voluto riprendere questo titolo da un’articolo de Il Post che vi lascio qui per sottolineare il fatto che in questa fase la cosa più importante non è tanto quale vaccino ricevere ma riceverne uno il prima possibile. “Vaccinare il maggior numero di persone – scrive Emanuele Menietti nell’articolo – è ciò che può fare la differenza in questa fase, non una percentuale sull’efficacia diversa da un’altra. In questa fase, considerare un ripiego l’utilizzo di un vaccino rispetto a un altro sarebbe un errore, che pagherebbe non solo chi rifiuta di vaccinarsi esponendosi a inutili rischi, ma anche le comunità che ormai da un anno fanno i conti con dolorosi lutti, sacrifici, forti limitazioni e difficoltà economiche“.
Se dopo tutti questi dati e numeri che è bene tenere presente vi gira un po’ la testa e se, invece, avete ancora dubbi riguardo al fatto che questi vaccini siano stati sviluppati in un tempo relativamente breve vi lascio questo video dei Cartoni Morti che spiega, sì in modo satirico e divertente ma assolutamente preciso, quali sono stati tutti i fattori velocizzanti e risponde ai dubbi più grossi sulla questione vaccini.
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